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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2013 alle ore 08:21.

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Pronti con le valigie? Si parte. Piatto ricco il 2013, nei teatri d'opera in Italia, con occasioni preziose da non mancare e soprattutto, a dispetto delle infauste previsioni, con due aspetti da rimarcare: le nuove produzioni resistono, nonostante la continua scure dei tagli, e non tutte saranno dedicate a Verdi e Wagner, nonostante i due festeggiati. Spigolando a largo raggio, ecco i sette magnifici, i sette più belli del Paese. Elencandoli, cercheremo di dire perché (e non si offendano i non prescelti, le occasioni per parlare di loro non mancheranno).
Il primo in capocordata è l'Oro del Reno di Palermo: il Massimo, tra i teatri d'Italia, è quello che negli ultimi mesi ha maggiormente fatto parlare di sé, per lo scandaloso e all'estero incredibile (ne hanno scritto esterrefatti anche vari giornali stranieri) commissariamento. La conferma del progetto artistico viene da questo Ring wagneriano. Al Massimo – unico in Italia – presentato con quattro nuovi spettacoli, in una stagione. Impresa colossale, prestigiosa per la firma di Graham Vick, che promette un Anello tutto dedicato a Palermo e al suo Teatro. Cast scelti con competenza, sul podio Pietari Inkinen, giovane direttore di braccio sinfonicamente saldo. Debutto il 22 gennaio, cinque repliche fino al 31. Assoluta primizia per il Teatro di San Carlo, Rusalka (19-29 gennaio), la fiaba di Antonin Dvorák, mai rappresentata finora a Napoli, ennesimo gioiello che impreziosisce la ricca stagione della città partenopea.
Della eterogenea carrellata verdiana della Scala, prima di arrivare al finale del 7 dicembre prossimo, con la Traviata di Gatti-Tcherniakov che farà parlare, preferiamo guardare un po' più vicino. Titolo di maggior attrattiva è il Falstaff, a cui già si lavora da prima di Natale, con la prima il 15 gennaio (dieci date fino al 12 febbraio). Una certezza lo spettacolo di Bob Carsen, che promette un sir John molto british, molto Shakespeare. Una certezza bis la presenza nel ruolo del titolo di Ambrogio Maestri, Pancione per antonomasia, dal debutto alla Scala con Muti. Una scommessa la bacchetta di Daniel Harding: si dice stacchi tempi lesti, è a 2 ore e 42 minuti, intervalli compresi. Ma potrebbe ancora migliorare. Che il canadese Carsen sia regista ormai quasi italiano lo conferma il cartellone della Fenice: per non far torto a entrambi, Verdi e Wagner, generosi di troppe eredità in Laguna, i veneziani optano per un cartellone ad ampio raggio. Di questo scegliamo il punto più lontano, con L'affare Makropulos di Janacek, anche lui, come Carsen, ormai semi-italiano. Insieme li troviamo dal 15 al 23 marzo, con Gabriele Ferro sul podio e lei, la protagonista, consegnata a Marty Angeles Blancas Gulin (tanti nomi, canta una sola) amata alla Fenice. Per sostare lontani dai bicentenari, ecco al Regio di Torino un originale Onegin di Ciaikovskij: dirige Gianandrea Noseda, sul repertorio russo affidabile e affine, e la compagnia di canto è di sicuro pregio, con Ladjuk, Vassileva e Aksenov. Il nome su cui puntare però è quello del regista: Kasper Holten. Danese, classe 1973, rappresenta quello che all'estero succede e da noi no: a 27 anni direttore artistico del Royal Danish Opera, dal 2011 è direttore del prestigioso Royal Opera House di Londra. Questo suo nuovo Onegin, dal 17 al 26 maggio, per otto repliche, è in coproduzione col suddetto Covent Garden e Opera Australia.
Titoli cinque e sei, dei sette reali, spettano a Verdi: all'Opera di Roma coi Due Foscari di Muti, dal 6 al 16 marzo, e al Comunale di Firenze, col Don Carlo di Mehta, dal 2 al 12 maggio. A Roma Muti sta svolgendo un corso intensivo esclusivamente verdiano, e con la complicità di Roberto Gabbiani, maestro del coro, i risultati si sentono. A Firenze Mehta continua a tenere le redini di una istituzione che fatica ad ritrovare il ruolo che aveva di punto di riferimento, e semina artisticamente in maniera eccentrica, cercando il nuovo, per ora senza risultati. Di particolare interesse figurano le regie dei due spettacoli, che si affrontano con Werner Herzog nella Capitale e Luca Ronconi per l'apertura del Maggio. Da vedere. Quanto alle voci, qui nomi rodati, col Don Carlo di Massimo Giordano, Elisabetta di Kristin Lewis e Eboli di Ekaterina Gubanova; là nomi più freschi, con Luca Salsi, Francesco Meli, Csilla Boros, sui cui è giusto puntare. Prima di arrivare all'e'tate, alla girandola dei Festival, dove spicca come sempre il Rof che annuncia un Guglielmo Tell tutto nuovo. E che l'ultimo, di Rossini, diventi il primo.
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