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Questo articolo è stato pubblicato il 13 gennaio 2013 alle ore 08:18.

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È finito il 2012 e avete la sensazione di esservi persi qualcosa. Ci siamo tutti persi tantissimo, perché ormai escono montagne di dischi che bazzicano nella categoria del "carino", e ciascuno ha la propria classifica di preferiti da ricordare. Ecco dieci dei miei.
Frank Ocean
L'artista r&b dell'anno 2012 se ne è andato nell'estate del 2005 da New Orleans, dopo che Katrina aveva distrutto il suo studio di registrazione. Questo per darvi un aneddoto. Quello che conta è che channel ORANGE è uno di quei dischi che danno l'idea di cominciare un discorso che durerà a lungo, un po' come successe nove anni fa con Kanye West e quell'orsetto in copertina. Non bastasse il disco, a luglio Frank Ocean è uscito allo scoperto a proposito della propria omosessualità, il che è difficile se sei Tiziano Ferro, ma è molto difficile se sei un musicista afroamericano.
Kendrick Lamar
È nato nel 1987, è di Compton (zona sud di Los Angeles), cioè uno di quei posti che si citano quando si parla delle gang giovanili. Ma la differenza tra la tradizione hip hop e Kendrick Lamar sta nel fatto che il suo album good Kid, M.A.A.D City, nato sotto l'ala protettiva di Dr. Dre, racconta la fragilità di un ragazzo di Compton, senza la mitologia delle ferite che rendono più forte. La musica afroamericana, sempre in movimento nei suoni e negli stili, sta cambiando anche nei temi.
Bill Fay
Quando si scopre il filone dei cantautori inglesi degli anni Settanta, si ha l'impressione che non finisca più, che in quel periodo fossero tutti in stato di grazia, da Nick Drake in giù. Invece c'erano quelli cui andava male, come il londinese Bill Fay: due dischi di scarso successo nel 1970 e 1971, la fine di un contratto discografico, arrivederci. Nel 2005 è uscito il suo terzo disco, registrato una trentina di anni prima, e i Wilco si sono affezionati a lui e alle sue canzoni. Quest'anno è uscito il suo primo album moderno, Life is people. Vecchio leone dolente, Fay ha messo in piedi un album di grandi canzoni arrangiate bene che profuma di classico.
Father John Misty
Joshua Tillman ha pubblicato alcuni dischi come J. Tillman, poi si è unito al fenomeno folk Fleet Foxes come batterista, e quest'anno ha partorito questo progetto solista che profuma di California con un fiore in bocca. Fear Fun è un grande disco, registrato interamente in analogico nello studio di Jonathan Wilson, altro nuovo idolo del genere, e chi ama il folk americano West Coast deve averlo. Poche storie.
Goat
Un rito di iniziazione, un sabba di streghe, un'orgia con strumentazione al seguito, una festa per la nascita di un piccolo di renna: non si sa bene cosa sia, ma questa musica sembra qualcosa di collettivo e molto divertente cui forse avremmo dovuto partecipare. I Goat, che ricordano i Can e quell'incrocio tra jazz e rock che andava molto in Germania qualche decennio fa, sostengono di venire da un paesino della Lapponia svedese e di suonare secondo i riti locali della tradizione animista. Al di là di questa mitologia, World Music è un bel disco matto.
Jessie Ware
Alla ricerca di una nuova Adele, l'industria del pop britannico scova indefessamente voci femminili personali e non troppo gasate, ché in questi anni paga la sobrietà. Jessie Ware è la figlia di uno dei giornalisti di Panorama, il Report della BBC, e il suo Devotion è originale, coinvolgente, cantato con voce e stile. Cercate una cosa che sia pop e londinese, facile e stilosa? Eccola.
Tame Impala
Australiani di Perth, psichedelici e bravi, questi esemplari di antilope domestica in un altro periodo sarebbero stati un 7, ma il "rock" ultimamente se la passa maluccio. Detto questo, il loro secondo disco Lonerism funziona. È molto facile che vi piaccia, magari anche tanto.
Azealia Banks
Una delle voci e delle facce più incredibili che siano apparse negli ultimi tempi, Azealia quest'anno ha pubblicato un mixtape in previsione del disco che uscirà nel 2013: si chiama Fantasea, ma ascoltatelo solo se vi va. Quello che conta è ricordarsi che quella cosa per cui la musica popolare merita, cioè l'innamoramento folgorante che si può solo assecondare, si è palesato in una ragazza ventunenne di Harlem che nel 2012 ha tenuto tutti col fiato sospeso.
Alt-J
Gli Alt-J sono inglesi. Suonano una cosa strana, complicata nei riferimenti e nelle strutture ma capace di grande empatia. Hanno vinto il Mercury Prize. Adesso è diventato di moda parlarne con sufficienza, invece sono bravi. Il disco si chiama An Awesome Wave.
PSY
Il pop coreano ha un futuro in Occidente? No, probabilmente no. È che con il sistema attuale qualsiasi canzone accattivante può funzionare ovunque nel mondo, salvo poi sparire da dove era venuta come Black Eyed Peas nella pioggia.
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