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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2013 alle ore 19:14.
Fidia ritraeva dei e semidei portandoli sulla terra, Tiziano papi e principi innalzandoli al cielo, Warhol politici e icone della cultura popolare dissacrando. L'arte, in ogni epoca, ha concentrato con insistenza la propria lente sul potere. Per ragioni diverse e con tagli diametralmente opposti. L'arte dell'epoca della Grande crisi non fa eccezione. Si guardi il lavoro di José Maria Cano, per esempio.
Il pittore spagnolo, classe '59, dal 2006 - due anni prima del famigerato crack di Lehman Brothers che ha cambiato il mondo – ha fissato il proprio sguardo sui volti di economia e finanza. Per comprendere di cosa stiamo parlando, fino al 23 febbraio, si può andare al Pan - Palazzo delle Arti di Napoli dov'è in corso la retrospettiva dall'eloquente titolo «Arrivederci Capitalismo!». Recuperando l'antica tecnica pittorica dell'encausto, dove i pigmenti vengono mescolati con la cera, mantenuti liquidi e stesi ancora a caldo sul supporto con pennello e spatola, Cano ritrae a grandezza naturale uomini che rappresentano il capitalismo internazionale. Ci sono un po' tutti: eroi e antieroi. Dal magnate francese François Pinault all'economista americano Alan Greenspan, dal numero uno di Microsoft Bill Gates allo spregiudicato Bernard Madoff, passando per Mr. Sky Rupert Murdoch. Ai visitatori italiani non sfuggiranno i ritratti dell'ad di Fiat Sergio Marchionne e del supermanager Mario Tronchetti Provera. L'artista punta a rappresentare «simboli comuni del mondo delle transazioni economiche che pervadono e influenzano molti aspetti della nostra vita elevandoli così al rango di icone contemporanee». Un po' come se fossero gli dei di un nuovo olimpo finanziario.
Tutto parte da un ritaglio di giornale
L'arte di Cano parte da immagini, fotografie o anche da ritagli prelevati da giornali e ingranditi allo scopo di ottenere un effetto monumentale tale da conferire un drammatico livello di grandezza alle figure, volendo così rappresentare attraverso la dimensione notevole il valore e il peso occupato dai soggetti nella realtà economica odierna con un risultato spiazzante e per il pubblico di grande effetto scenografico. Lo spagnolo ricrea meticolosamente i ritagli che emergono da diversi strati di cera, quasi a voler fissare la transitorietà delle notizie tipica della società globalizzata, comunicando allo stesso tempo il carattere effimero dei valori della società capitalistica contemporanea. Nel lavoro di Cano, l'arte aspira a proporsi come un irrefrenabile simbolo di ricchezza e potere, quasi l'emblema del mondo contemporaneo e della finanza, in virtù della sua capacità di creare plusvalore talvolta senza un reale contatto con l'economia reale. La finanza speculativa, nell'analisi dell'artista, deve assomigliare non poco al mercato dell'arte.
L'auto italiana ci salverà
Accanto a questa visione spesso pessimistica e quasi a dispetto della stessa, l'artista presenta la serie «Punti di vista», esposta a Napoli per la prima volta, dove dà spazio allo sguardo ottimista di chi, nonostante tutto, si sforza di guardare oltre la Grande crisi. Le opere, dipinti di automobili italiane viste da varie angolazioni, rappresentano la vita di ciascuno alle prese con la quotidianità coniugata alla semplicità dei nostri mezzi. L'automobile è proposta come stereotipo di un'economia meno complessa e di una visione del mondo che ha origine anche al di fuori dei grandi sistemi finanziari. Chissà che non porti fortuna a un mercato dell'automotive messo in ginocchio dalla crisi dei consumi. Perché – sembra suggerire Cano – dopo tutto è ancora presto per dire addio al capitalismo. Al massimo si può parlare di un arrivederci.
José Maria Cano
«Arrivederci Capitalismo!»
Napoli, Pan – Palazzo delle Arti
Fino al 23 febbraio 2013
A cura di Maurizio Bortolotti
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