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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 08:20.

Morale: non buttare via niente delle cose che sembrano malfatte. A volte si incappa in ipotesi inverosimili, come nel caso delle foto spiritiche che alimentarono la fama di alcuni medium e che, invece, erano trucchi o sbagli inutili. Ma a volte invece s'impara a sbagliare meglio e di più.
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Clement Chéroux, L'errore fotografico. Una breve storia, Einaudi, Torino,
pagg. 146, € 22,00
le torri storte
Dice un proverbio: «Gli errori dei medici finiscono sotto terra, quelli degli architetti sotto gli occhi di tutti». Piuttosto vero. Volete un caso eclatante e noto in tutto il mondo? La Torre pendente di Pisa. Il celebre campanile di Piazza dei Miracoli, alto circa 56 metri e costruito tra il XII e il XIV secolo è pesante 14mila tonnellate. La sua pendenza verso sud è dovuta a un cedimento del terreno verificatosi già nelle prime fasi della costruzione, in quanto nessuno dei costruttori iniziali fu in grado di calcolare bene il peso che la superficie sottostante avrebbe potuto sopportare.
Nei secoli la Torre ha continuato inesorabilmente a inclinarsi, provocando spaventi e allarmi ricorrenti, e conseguenti corse alla ricerca di rimedi efficaci per la sua salvezza. Ma, ahinoi, molto spesso i rimedi escogitati non hanno fatto altro che peggiorare la situazione, al punto che possiamo tranquillamente affermare che se la Torre di Pisa è così pericolosamente storta la colpa andrà equamente ripartita tra gli architetti che la elevarono nel Medioevo e gli ingegneri che – dall'Ottocento a oggi – hanno tentato, spesso maldestramente, di raddrizzarla.
i pasticci di bernini
Recenti studi hanno portato a galla un dato piuttosto clamoroso: ci si è accorti che il grande Gian Lorenzo Bernini, lavorando alle statue, poteva commettere errori clamorosi. Ad esempio, le sculture gli si rompevano tra le mani, come accadde col busto di Scipione Borghese il quale improvvisamente si spaccò all'altezza della calotta cranica. Raccontano le fonti che in quel caso Gian Lorenzo non fece una piega, prese un nuovo pezzo di marmo e realizzò una replica esatta del busto, cosicché oggi la Galleria Borghese ha il privilegio di possederli entrambi, uno intatto e l'altro fallato. Nel realizzare la seconda versione Bernini si dimostrò recidivo: usò lo stesso blocco di marmo e una nuova crepa si aprì sulla mantellina del porporato. Che cosa era successo? Semplice, mentre Michelangelo riserva alla scelta dei marmi una cura quasi maniacale, recandosi direttamente a Carrara per scegliere blocchi perfetti e abbandonando senza indugio opere già principiate se nel corso del lavoro rivelavano improvvise impurità, al contrario Bernini non badava mai alla qualità del marmo e scolpiva ciò che gli veniva tra le mani senza troppi controlli.

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