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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 08:20.

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Denzel Washington, il protagonista del film Flight di Robert Zemeckis, è un comandante pilota di linea, esperto e talentoso: si chiama Whip Whitaker.
Ha un difetto non da poco per chi fa il suo mestiere, beve come un dannato e, per uscire dalle sonore sbornie, si fa di cocaina e droghe varie. Vive solo perché sua moglie e suo figlio non vogliono neppure vederlo. Non si sa se il disastro famigliare sia dovuto all'alcol oppure se l'alcolismo ne sia una conseguenza. Ma il film tratta di ben altro disastro, quello dell'aeroplano impazzito e costretto a un atterraggio di fortuna in piena campagna: solo quattro morti (pochi, vista la gravità dell'incidente) grazie all'abilità di Whip, malgrado i fiumi di vodka da lui ingurgitati durante il volo. Alla cloche di un mastodonte di 50 tonnellate in caduta libera, riesce a raddrizzare la rotta e a planare sull'erba.
Di ciò che è successo il comandante non ha alcuna colpa oggettiva. Il senso di colpa vero che interessa al film è quello che egli si porta dentro: la dipendenza dai liquori, e quindi la sua infelicità. Ma ci sono leggi a cui un pilota deve attenersi: ubriacandosi compie un grave reato, e se a causa del reato crea incidenti, si spalanca per lui il cancello della prigione e, nei casi gravi, è addirittura prevista la pena dell'ergastolo. Quindi Whip da un lato è un eroe, avendo fatto, in virtù della sua bravura, meno danni possibili, dall'altro un delinquente perché non si è attenuto alle ferree norme che disciplinano il comportamento dei piloti. Chiuso tra queste due morse, Whip, non trova di meglio che consolarsi riattaccandosi alla bottiglia.
Così s'avvita in una spirale senza fine. Beve ma non vorrebbe finire in galera. Una commissione d'inchiesta indaga, ma il comandante non sembra dargli troppo peso, anzi, inconsciamente agisce contro se stesso, quasi volesse essere punito, quasi volesse espiare le sue personali, intime colpe. Infatti, alla fine l'unica via d'uscita dall'alcol Whip la trova, non in sé, nel fare i conti con se stesso. La trova dentro la logica delle leggi e dei regolamenti, nella punizione che essi prevedono in caso di trasgressioni.
Il film parte in montaggio parallelo: c'è un altro personaggio in crisi, che vive lontano dagli aeroporti, una bella ragazza disfatta, drogata e altrettanto sola, Nicole Maggen (recitato perfettamente da Kelly Reilly). Ovviamente il destino li farà incontrare sotto l'ombrello della disgrazia. Ne nasce un amore rattoppato, chiusi come sono entrambi nelle proprie infelicità. Comunque l'incontro tra i due permetterà al film di far esprimere, soprattutto al pilota, tutto il suo travaglio e i suoi rimpianti. Non molto di più. Li accomuna il desiderio di uscire dalle loro trappole, lei esplicitamente dalla droga, lui dall'alcol.
Denzel Washington è a suo agio nel ruolo dell'alcolista un po' barbone, bene in carne e disinibito. La sua nota fotogenia porta il film sulle spalle. L'attore passa in pochi momenti da sorrisi irresistibili al cupore, ora ossessionato dal bisogno di bere, ora deciso a rimettere in ordine la vita. Quel che poco si afferra è la sua passione per il volo, per il suo mestiere. Eppure proviene da una famiglia di aviatori. L'alcol ha cancellato tutto.
Le riprese iniziali dell'incidente aereo sono di grande effetto e di inquietante realismo, coadiuvate da una tecnologia sempre più invisibile e sofisticata. Poi la storia entra nel quotidiano, scava i volti tormentati dei protagonisti. Nel finale è immancabile quel che in gergo si chiama "pistolotto", una specialità tutta americana: Whip, ritrovato se stesso e rappacificato con la famiglia, si slancia in un monologo toccante, quasi una edificante lezione morale. D'altra parte l'argomento è delicato e sarà sicuramente apprezzato da chi combatte ogni giorno la piaga dell'alcolismo. HH - III
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