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Questo articolo è stato pubblicato il 31 gennaio 2013 alle ore 08:36.

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Che vi piaccia o meno, comincia a muovere un bel po' di quattrini. Motivo per il quale è finito sotto la lente di navigati esperti di show-biz al Midem, fiera dell'industria musicale in corso a Cannes proprio in questi giorni. Stiamo parlando del K-pop, la musica commerciale coreana che, da una manciata di mesi a questa parte, qualcuno indica come la next big thing dell'intrattenimento sonoro, qualche altro scruta come eventuale opportunità di business per un mercato in crisi di domanda, qualche altro ancora sbircia con la curiosità del sentito dire.

Tutto merito (o tutta colpa) di Psy, al secolo Park Jae-sang, il cantante-rapper-ballerino della Seoul bene che con il tormentone «Gangnam Style» ha polverizzato ogni record. Video più visto della storia su Youtube, con relativi ricavi da otto milioni da dividere con Mountain View, disco di platino in sette Paesi e d'oro in due, premio per la migliore clip agli European Music Awards di Mtv. Al netto del fenomeno Psy, la Corea del Sud in quanto a musica continua a essere un local market, l'industria delle sette note del posto è un comparto produttivo che esporta soprattutto nell'area asiatica e realizza nel solo Giappone il 50% del proprio export. Europa e Stati Uniti, stando al quadro descritto al Midem, varrebbero soltanto lo 0,5% delle vendite oltreconfine. Ma il fatto che sia accaduto una volta con Psy, autorizza a pensare che potrebbe succedere ancora. E allora, negli Usa come nel Vecchio Continente, c'è già chi studia con attenzione gli innumerevoli epigoni di «Gangnam Style».

Interscope recluta le Girls' Generation
Occhio per esempio alle Girls' Generation, scosciatissima girl band di ben nove elementi, abbigliati e acconciati all'occidentale. Finora hanno spopolato in Asia con brani ammiccanti e furbetti quali «I got a boy» e «The Boys» (un chiodo fisso, eh?). Di nuovo c'è che hanno firmato un contratto con la Interscope Records, label del gruppo Universal che ha in scuderia gente come Lady Gaga e i Black Eyed Peas. Disco in uscita per marzo. C'è da credere che a breve ne sapremo qualcosa in più, quant'è vero che Psy è diventato Psy quando ha preso come manager l'americano Scooter Braun, ossia l'uomo che sta dietro ai successi dei vari Justin Bieber e Carly Rae Jepsen. Il filone girl band tira molto in South Korea. Date uno sguardo alle Kara, per esempio: cinque ragazze della porta accanto che, in succinti completini tennistici, sfoggiano orgogliose i loro prodigiosi smartphone. Di che marca? Provate un po' a indovinare… Un aiutino ve lo diamo: le Kara, lo scorso 15 gennaio, hanno fatto la parte del leone alla cerimonia dei Samsung Galaxy Golden Disk Awards. Tra i cavalli di battaglia, «Mr.» e «Girl's Power». Pure loro non è che spazino granché.

Le maliziose Miss A
Si dimenano molto le 2NE1 (pronunciato «To Anyone»), quattro ventenni dai nomi americanizzati che dal 2009 sono addirittura diventate protagoniste di una serie Tv molto seguita in Asia. Nelle loro canzoncine propongono concetti semplici, titoli sempliciotti («I love you» e «I am the Best») e un curioso mix tra melodie orientali e arrangiamenti dance pop. Superstar continentali anche le 4Minute capeggiate da HyunA, l'avvenente cantante che appare immortalata nel video di «Gangnam Style». Più esplicite le Miss A, un po' coreane e un po' cinesi: «Touch», momento imprescindibile di ogni loro esibizione, è tutta un ansimare e sgambettare. La carica sexy deve aver fatto il suo, se sono arrivate così in alto nella charts asiatiche.

I Bigbang e la riscossa delle boy band
Tuttavia l'industria musicale coreana pensa anche al pubblico femminile delle teenager: non di sole girl band si nutre infatti il K-pop, ma pure di boy band. Si guardi al caso dei Bigbang, sei sorridenti giovincelli pure loro armati di smartphone di una certa marca. Estetica hip-hop e atmosfere mielose alla One Direction nella loro hit «Bad Boy». Alla lunga un po' stucchevoli, come i loro corrispettivi occidentali. Già un po' meglio i Busker Busker, autoironico trio che nella ballad «A cherry blossom ending» sfoggia una improbabile attitudine Sixties. Il loro sognbook è a portata di mano pure di chi suona la chitarra da un giorno solo. Poi ci sono i Beast che giocano a fare i techno-cattivoni con il riempipista «Beautiful Night» che non è proprio è roba imperdibile. Difficile capire se, tra tutti questi ragazzi di belle speranze, ci sia già l'erede di Psy. In musica, il successo è un po' come lo spirito: soffia dove vuole. Nel dubbio, le major ci mettono una zampa sopra.

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