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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 17:04.

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Che cosa contano di fare per la cultura di questo Paese, e in che misura si impegnerebbero sul fronte della ricerca, della valorizzazione e dello sviluppo del nostro patrimonio qualora diventassero capi del Governo? Le risposte dei leader delle coalizioni e dei candidati premier alle domande poste saranno pubblicate sul numero della Domenica del Sole 24 Ore del 3 febbraio. Hanno raccolto la sfida Pier Luigi Bersani, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Antonio Ingroia e Oscar Giannino.

Per il segretario del Pd Bersani "quella dei saperi diffusi, della cultura e dell'innovazione è una delle possibili exit strategy da questa crisi economica devastante: per percorrerla c'è bisogno di politiche serie, anche industriali, di sviluppo per la creatività e per la cultura e di una programmazione degli interventi. Le politiche dei finanziamenti a pioggia si sono dimostrate inutili e dannose. Il Mibac ha serissimi problemi di personale, deve essere rimesso nelle condizioni di operare, restituendo dignità ai lavoratori e diritti e certezze alla vasta schiera di giovani precari iperqualificati".

Il leader della coalizione di centro-destra Silvio Berlusconi ha posto l'accento, tra le altre cose, sulla globalizzazione del nostro patrimonio: "I nostri beni artistici possono diventare uno strumento di diffusione culturale e anche economica in tutto il mondo, come del resto è sempre avvenuto nel corso della nostra storia. Abbiamo fatto molto da questo punto di vista, attraverso accordi con la Cina, ad esempio, con l'apertura di un museo italiano a Pechino e uno cinese a Roma. Tutto ciò ha migliorato i nostri rapporti politici e di conseguenza anche economici"

Per Mario Monti "cultura e ricerca sono due concetti profondamente collegati e fondamentali per il futuro del Paese, ed entrambi contribuiscono all'innovazione. La ricerca italiana deve essere sostenuta anche partendo da bandi competitivi. Bisogna premiare il merito affinché i bravi ricercatori (che sono molti) siano incentivati a dare il meglio. Solo partendo da questa impostazione, che non è affatto scontata in Italia, si può dare ai più capaci la possibilità di accedere ai grant internazionali più prestigiosi"

Antonio Ingroia di Rivoluzione civile attacca i Governi precedenti, ricordando che "l'istruzione, la ricerca, la diffusione della conoscenza sono strumenti indispensabili per realizzare l'equità sociale e per rianimare il mondo produttivo stritolato dalle logiche di mercato. La scuola e l'università e la ricerca hanno pagato un prezzo altissimo alle politiche recessive prima di Berlusconi e poi di Monti. Questi governi hanno usato questi settori per fare cassa, riducendo l'offerta formativa, lasciando nel limbo della precarietà senza speranza decine di migliaia di insegnanti e di giovani ricercatori, umiliando la professionalità dei docenti e dei lavoratori della conoscenza. Occorre una svolta profonda e radicale".

Infine, l'approccio antistatalista di Oscar Giannino, leader di Fare per Fermare il declino: "Prima che l'entità delle risorse, il problema riguarda però il modo in cui esse vengono spese. Occorre ripensare il ruolo del settore pubblico in tali ambiti e le modalità con cui la spesa pubblica viene gestita. Nel caso della ricerca è essenziale favorire la possibilità di investimenti privati. Analogo è il ragionamento a proposito del patrimonio culturale del nostro paese, dove lo Stato si è ritagliato un ruolo troppo ampio per le sue risorse. Rivedere e diminuire le funzioni del settore pubblico nella amministrazione del patrimonio è necessario per utilizzare meglio il denaro pubblico, aprendo spazi a nuovi soggetti per una gestione "altra" dei beni culturali italiani".

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