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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 18:37.

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foto di Bill Cooperfoto di Bill Cooper

Un successo annunciato per Sylvie Guillem che ha inaugurato il Festival Equilibrio. A 46 anni, la celebre ballerina francese mostra una tempra più luminosa che mai, da autentica fuoriclasse. Bisogna vederla in scena per capire cosa vuol dire danzare. Non è solo questione di fisico. Il suo, fiammeggiante, longilineo e sinuoso, dalle linee estreme, dalle gambe interminabili, dal volto magneticamente espressivo, concentra intelligenza, abilità e impegno appassionato.

Direi ineguagliabile. Si fa strumento e anima di un pensiero poetico: quello di chi per lei e su di lei crea (nella lunga lista ci sono coreografi come Béjart, Mats Ek, William Forsythe, Akhram Khan, Russell Maliphant). Usa il corpo piegandolo a ogni esigenza, capace com'è di scolpire linee neoclassiche purissime, di saettare in arditi segni contemporanei, di creare spiazzanti equilibri rompendoli in un gioco di contrappesi. Come in "Rearray", pezzo centrale dello spettacolo "6000 miles away". Firmata da Forsythe la coreografia è un passo a due, con i due interpreti – il partner scaligero Massimo Murru – che, tra intermittenze di luce e di buio, vibrano come corde tese di violino, tra stasi e velocità, in vari punti della scena. Tessono ricami impervi, graffi fulminei che s'intrecciano con le linee create da braccia, gambe, busto. I movimenti compongono architetture sempre aperte ad altre forme, che si sciolgono in un continuo modularsi della relazione spazio/tempo, in un dialogo astratto punteggiato dalle sonorità atonali di David Morrow. Eseguiti con vorticosa disinvoltura, ferocemente rapidi secondo lo stile di Forsythe di destrutturazione e ricostruzione, quei gesti ci ipnotizzano, ricordandoci, in alcune pose l'îApolloî di Balanchine, riferimento del coreografo americano. Sempre in movimento, tra silenzi e suoni, assoli e passi a due, la coppia, infine svanisce nel buio continuando in una danza che sembra non avere fine.

Abbandonate le algide linee neoclassiche, Sylvie muta completamente personalità nella coreografia di Mats Ek "Bye", un assolo sulla sonata per pianoforte di Beethoven. Nelle mani del maestro olandese diventa una donna di casa, colta fra le mura domestiche rappresentate da uno schermo bianco che funge da porta dove scorrono immagini filmate di se stessa che, partendo da un occhio, prende vita osservandosi come in uno specchio. E compare in scena emergendo da quella porta come se uscisse dal suo stesso corpo, e liberarsi per incarnare un sogno "sognato". Con l'andatura dapprima dinoccolata, le spalle curve, goffa, questa Cenerentola assume via via movimenti rapinosi, trasognanti, di gioia e spensieratezza. E umorismo. Sylvie riempie il suo personaggio di sottili sfumature ironiche e drammatiche, capricciose, facendo affiorare ricordi, vibrazioni infantili, con stilizzazioni espressioniste di tutte le parti del corpo - dalla testa ai piedi -, dove vibra tutta la psicologia femminile nella voglia di fuga tra malinconia, tenerezza, smarrimento, inquietudine. L'euforia danzante si spegnerà improvvisamente quando, accortasi di essere osservata da una folla di gente convenuta dentro lo schermo, vi rientra per ritornare a essere la donna ordinaria che gli altri vogliono. Straordinaria, invece, per noi spettatori, per le emozioni che sa regalarci.

"6000 MILES AWAY". "Rearray", coreografia William Forsythe, musica David Morrow, interpreti Sylvie Guillem e Massimo Murru. "27'52", coreografia Jiří Kylián, musica DirkHaubrich, costumi JokeVisser, luci KeesTjebbes, interpreti AurelieCayla e Lukas Timulak. "Bye", coreografia Mats Ek, musica Ludwig van Beethoven, scene e costumi Katrin Brännström, luci Erik Berglund, video Elias Benxon, interprete Sylvie Guillem. Roma, Auditorium Parco della Musica, Festival Equilibrio.

www.auditorium.com

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