Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 15:42.

My24
Marina Massironi in "La donna che sbatteva nelle porte"Marina Massironi in "La donna che sbatteva nelle porte"

Paula Spencer è piccola, gracile, con i capelli rossi e un visino spigoloso. E' una donna distrutta dall'alcool e dalla miseria. E' un essere annientato dalle botte. Charlo, il marito, le ha spezzato i sogni fin dal viaggio di nozze. Il bel ‘trucido', il ragazzo che si girava a guardare solo le belle del quartiere, che faceva sognare le girls di provincia, le ha messo gli occhi addosso facendola sentire al centro del mondo per poi rubarle brutalmente la vita, riducendola a un incubo.

Roddy Doyle ha scritto un testo tristemente attuale e l'attrice Marina Massironi lo ha portato in scena con la sapiente regia di Giorgio Gallione. "La donna che sbatteva nelle porte" è una pièce pulita, senza sbavature, molto british, quasi metallica, insomma non tracima nel drammone italico come qualcuno si aspetterebbe. A questo ci pensa già la cronaca di tutti i giorni. A ben vedere infatti la Massironi non sembra avere il fisique du role per l'aspro testo dello scrittore irlandese: non è sfatta dalle gravidanze (quattro!), non è deformata dalle botte, non ha i beccucci di plastica nei capelli, non ha la voce impastata di chi si attacca spesso alla bottiglia. Con lei in scena solo pochi elementi, come quattro elettrodomestici sgangherati, che addobbano una casa che sembra già la sua tomba.

La Paula voluta da Gallione è una donna scalza e scarmigliata, ancora giovane e piacente, lucida nell'analisi della sua disgraziata odissea, che ancora si chiede come può un uomo dire di amarti quando poi ti pesta a sangue. Una domanda comune, che forse molte donne al mondo si stanno ponendo o si sono poste troppo tardi. Verrebbe da dire che comincia sempre così: "Quando mi ha guardata la prima volta mi sono sentita le gambe di gomma" ricorda Paula con occhi sognanti "mi ha parlato, sì proprio a me, mentre sentivo le note di Sugar baby love (dei The Rubettes, ndr)".

Ma poi ecco il primo flash back di una vita più recente "ad un tratto mi sono sentita sbattere dall'altra parte della cucina" e poi quelle corse all'ospedale con un braccio rotto o i segni di bruciature sul corpo e lei che si chiede "perché il medico non mi guardava mai negli occhi? Perché nessuno mi chiedeva cos'era successo?". Lui che beve, lui che pesta, lui che molesta la figlia piccola, lei che esplode e lo caccia, lui che muore. Con Charlo se ne vanno anni di violenze, umiliazioni, solitudine, disperazione, indifferenza. Il suo aguzzino, l'amante-torturatore, il suo padrone è morto e a lei rimangono i fantasmi e la bottiglia.

La Massironi svela le sue capacità di attrice (non solo comica) nel portar in scena un testo così impegnativo e duro. Non sempre arriva a toccare le corde dell'anima, a colpire allo stomaco, ma convince, scorre lieve come un ben riuscito esercizio di stile. La bella scenografia di Guido Fiorato alleggerisce il contesto di miseria, trasformando la squallida casa Spencer in una verde prigione irlandese.

Di Roddy Doyle
Drammaturgia e regia di Giorgio Gallione
Con Marina Massironi
Scene e costumi Guido Fiorato
Luci Aldo Mantovani
Produzione Teatro dell'Archivolto
Al Teatro Elfo Puccini di Milano (02.0066.06.06) fino al 24 febbraio

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi