Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 08:17.

My24
Asaf Avidan (Ansa)Asaf Avidan (Ansa)

Chi siede sulle poltroncine dell'Ariston, è lì più per farsi guardare dal pubblico a casa che per guardare quello che succede sul palco. Ragion per cui una standing ovation a quelle latitudini vale molto.

E vale ancora di più se chi la strappa è distante anni luce dall'italica tradizione del bel canto, quella sottile linea di pentagramma che unisce idealmente i vari Domenico Modugno, Claudio Villa e Massimo Ranieri. Curioso che la prima standing ovation di Sanremo 2013 sia toccata ad Asaf Avidan, trentatreenne cantautore israeliano che si è cimentato con una versione pianoforte e voce della sua hit «Reckoning Song (One day)».

Qui da noi, fino a ieri, per qualcuno era un illustre sconosciuto. Al contrario di chi ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo a Roma, nel dicembre scorso, e sapeva già di che pasta era fatto. È vero, il remix di «One day» a opera del dj tedesco Wankelmut è andato forte anche da noi arrivando in testa alle charts, ma era tutt'altra roba dalla musica di Asaf. Ieri lo ha introdotto la top model connazionale Bar Rafaeli. Per lui credenziali che, a chi ne comprendeva il significato, apparivano quanto meno esagerate per generosità: timbrica vicina a quella della sacerdotessa del rock degli anni Sessanta Janis Joplin, musicalità degna del fuorilegge del country Johnny Cash.

Poi Asaf ha cantato, l'Ariston è rimasto sospeso per poco più di tre minuti tra l'ammirazione e l'incredulità. Il ragazzo ha un falsetto potente che a tratti porta la sua voce ad assomigliare effettivamente a quella di una donna. Lo «graffia» con maestria, sottolineando le parti più drammatiche del testo. Sarà anche israeliano, ma in quanto a suggestioni musicali e immaginario più che vagare per il Medio Oriente sembra guardare all'America profonda. Non è solo per quel look che ricorda il leader dei R.E.M. Michael Stipe da giovane (a proposito: «Reckoning» era, guarda caso, il titolo del secondo album del quartetto di Athens). È soprattutto per l'attitudine folk, per la capacità con la quale riesce a prendere una melodia semplice e a trasformarla, grazie a rare doti interpretative, in un pezzo d'arte. Dopo questi benedetti tre minuti non solo il pubblico dell'Ariston è scattato in piedi, ma Fabio Fazio si è sentito in obbligo di chiedergli di accennare un bis. Asaf sulle prime esitava, poi ha accettato tirandosi dietro i battimani del teatro. Gli porterà fortuna.

Ha estimatori illustri il ragazzo. Con la sua vecchia band, i Mojos, ha inciso tre album e fatto da supporter a mostri sacri del calibro di Bob Dylan e Lou Reed. Poi la carriera solista e altri due dischi, l'ultimo dei quali («Different Pulses») è stato intercettato dalla Universal che lo ha portato in Europa. A proposito: il 23 aprile sarà all'Alcatraz di Milano per poi tornare a Roma, il 16 luglio, nella Cavea dell'Auditorium Parco della Musica. Consigliato: vale il prezzo del biglietto.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi