Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 18:54.

My24
Una scena di «Harmony Lessons»Una scena di «Harmony Lessons»

A Berlino torna protagonista il cinema a stelle e strisce: dopo i deludenti lavori di Gus Van Sant («Promised Land») e Fredrik Bond («The Necessary Death of Charlie Countryman»), a cui ha fatto seguito l'avvincente thriller «Side Effects» di Steven Soderbergh, è arrivato il turno di David Gordon Green con «Prince Avalanche».

Regista particolarmente controverso, Gordon Green (classe 1975) ha avuto un grande successo di critica nella prima parte della carriera, in particolare grazie all'esordio «George Washington» del 2000, prima di piegarsi alle logiche più basse e commerciali del mercato hollywoodiano.
La sua ultima opera, «Prince Avalanche», segna, finalmente, un ritorno a un cinema più indipendente e personale, seppur ancora incapace di ripetere i fasti del passato.

Ambientato in Texas nell'estate del 1988, il film ha per protagonisti Alvin e Lance (interpretati rispettivamente da Paul Rudd ed Emile Hisch), operai costretti a ridipingere la segnaletica di un'interminabile strada di campagna. Isolati e lontani dalla città in cui vivono, sentono la mancanza delle cose che più amano: per Lance le feste e le ragazze, per Alvin la fidanzata (sorella maggiore del suo compagno di sventure) a cui scrive appassionate lettere d'amore.

Remake dell'islandese «Either Way» (vincitore del Torino Film Festival 2011), «Prince Avalanche» è un film che, sotto le vesti della commedia, nasconde toni nostalgici e malinconici. David Gordon Green, furbescamente, calca la mano sulle immagini più poetiche del paesaggio circostante, allungando il suo lavoro anche oltre la durata necessaria. Nel complesso il film intrattiene, diverte e convince per la sua riflessione sulla solitudine anche se sono presenti alcune ambizioni filosofiche decisamente di troppo.

In concorso, è stato presentato anche «Harmony Lessons», opera prima del kazako Emir Baigazin. La trama parte da un episodio di bullismo scolastico: durante una visita medica, il tredicenne Asan viene umiliato davanti a tutti i suoi compagni di classe. Stanco dei continui maltrattamenti subiti, penserà a come riuscire a vendicarsi.
Attraverso l'utilizzo di videocamere digitali, Baigazin realizza un'opera formalmente fredda, quasi asettica, che riflette sulle difficoltà dell'adolescenza e denuncia la brutalità del sistema carcerario locale.
Grazie anche ad alcune sequenze dal forte impatto visivo, «Harmony Lessons» è un prodotto complessivamente riuscito, seppur l'andamento narrativo non sia dei più originali. Una menzione alla buona performance collettiva di un cast composto, per la maggior parte, da tanti giovani attori non professionisti.

Nella sezione Panorama, invece, delude «Reaching for the Moon» di Bruno Barreto con protagonista Miranda Otto. L'attrice interpreta Elizabeth Bishop, poetessa americana vincitrice del Premio Pulitzer nel 1956. Il film si apre qualche anno prima, quando Elizabeth decide di partire per il Brasile in cerca di nuove ispirazioni letterarie. Qui conoscerà l'architetto Lota de Macedo Soares, per la quale inizierà a provare molto presto un forte sentimento.

Tratto dal romanzo «Flores raras e banalissimas» di Carmen L. Oliveira, «Reaching for the Moon» è un biopic banale e didascalico, incapace di scavare all'interno della psicologia dei personaggi trattati. Il regista brasiliano cerca di scandalizzare a tutti i costi, ma quello che lascia allo spettatore è soltanto un ritratto da cartolina della sua terra natale. Non si salva neanche Miranda Otto, forzata e poco credibile fin dai primissimi minuti.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi