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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 12:51.

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La storia dei Beatles si divide in due ere: prima e dopo il 9 novembre 1966. Il popolo beatlesiano si divide in due fazioni: i pochi che la adorano e i troppi che la detestano. Al centro delle due «divisioni» c'è sempre lei: Yoko Ono, artista pop e performer concettuale giapponese che in quel giorno di 46 anni fa, all'Indica Gallery di Londra, incontra John Lennon e ne rivolta l'esistenza da capo a piedi.

Per alcuni è la donna che ha «aperto gli occhi» al genio di Liverpool rendendolo pienamente consapevole della sua arte e della necessità di una svolta «politica». Per altri è la moglie-padrona che ha usato l'influenza sul proprio partner, più giovane di sette anni, per rompere il giocattolo dei Fab Four e farsi pubblicità. Per tutti è un pezzo di storia vivente: oggi compie la bellezza di 80 anni e tocca festeggiarla.

Il concerto di Berlino
La scorsa notte, al teatro Volksbuhne di Berlino, ha spento le candeline in un concerto-evento organizzato dal figlio d'arte Sean che, per l'occasione, ha allestito una nuova versione della Plastic Ono Band che fu di papà John e mamma Yoko. Stavolta, però, c'erano tra gli altri il chitarrista dei Wilco Nels Cline, la polistrumentista dei Cibo Matto Yuka Honda e un parterre di ospiti che spaziava dal leader dei R.E.M. Michael Stipe a Rufus e Martha Wainwright fino a Robyn Hitchcock. Mica male. Il pubblico le ha cantato «Happy Birthday» in inglese e tedesco, per poi farle da coro nell'esecuzione di alcune canzoni, come l'inno pacifista «Give Peace A Chance». Perché Berlino? «Non c'è altro luogo al mondo che mia madre ami tanto», ha spiegato Sean Lennon.

La mostra a Francoforte
Se non altro è la Germania ad adorare lei: allo Schrin Khunsthalle di Francoforte, fino al 12 maggio, è in corso la retrospettiva «Half-a-Wind Show» che raccoglie le sue maggiori produzioni dagli anni Sessanta a oggi. Ci sono innumerevoli oggetti «familiari» per il popolo beatlesiano, come la mela verde del '66 che i Fab sceglieranno come icona della loro casa discografica Apple, le immagini dei cartelloni della campagna pubblicitaria «War is over!» che nel '69 John e Yoko lanciarono nelle principali metropoli del mondo contro la guerra in Vietnam, le fotografie del «Bed in for Peace» e gli occhiali insanguinati di John dopo l'omicidio, immortalati in «Season of glass». Proprio operazioni di quest'ultimo tipo, tutte incentrate sulla figura carismatica di Lennon, riescono indigeste a molti fan che accusano la Ono di «mungere la mucca» finché ce n'è.

Tra la musica dance e il no al fracking
L'ex moglie di John, in ogni caso, aveva una riconoscibilità artistica anche prima di incontrare l'illustre consorte (con Tony Cox, uno dei suoi precedenti mariti, s'era fatta notare come performer nel gruppo di Fluxus) e a quanto pare punta ad averne una anche a distanza di 32 anni dalla di lui ripartita. Con la musica elettronica, per esempio: è appena uscito «Hold me», singolo house realizzato a quattro mai con il dj Dave Audé. Lo ascolti e ti viene da pensare che la dance dev'essere ormai l'ultimo rifugio dei dadaisti. Pure le cause sociali non mancano nell'agendina della ottuagenaria signora: dopo la lotta per i diritti delle donne e quella contro l'Aids, l'ultima sua crociata si oppone al fracking, la tecnica fatturazione idraulica delle rocce per l'ottenimento di idrocarburi che, da qui a qualche anno, dovrebbe rendere gli Usa completamente autonomi dal petrolio arabo. Signora Lennon permettendo. Per tornare alla questione di partenza: Yoko Ono ha fatto più male o più bene a Lennon? Mettiamola così: John la amava e, tra alterne vicende, l'ha tenuta consapevolmente al suo fianco. Questione sterile, insomma. Specialmente nel giorno del suo ottantesimo compleanno.

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