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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2013 alle ore 17:18.

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Macbeth da emorragia grondante trasfusa di talento, sul palcoscenico del Piccolo Strehler, dove si consuma la tragedia più noir e torbida di Shakespeare. Una premessa: lo spettacolo non è una passeggiata, due ore e un quarto senza intervallo di adrenalina pura in stile pulp, ma vale la pena vederlo per molti motivi, prioritari la regia acuta e introspettiva di Andrea De Rosa e un grande, sia per stazza che per bravura, Giuseppe Battiston.

Il portale della reggia demoniaca è un'ampia parete mobile a vetri, un baratro antro degli inferi che inghiotte vittime e carnefici rivomitandoli all'interno lordi di sangue, demarcando l'impatto umano contro i limiti estremi della sua condizione mentale, nel retro avvengono baccanali sfrenati, delitti, congiure, sul proscenio in un moderno salottino borghese ad alto tasso alcolico si consuma l'intimo patto scellerato dei due tormentosi e orridi protagonisti.

De Rosa affonda il pugnale illuminato da luci stroboscopiche dritto al cuore delle azioni che spingono gli uomini verso il male e la brutalità insulsa, affida a tre inquietanti fantoccini ciarlanti il ruolo chiave delle profetiche streghe del testo, trasforma ossessioni, vagheggi, paure, rimorsi, in ripugnanti feti, testimonia senza pietà il labile confine delle umane debolezze, gli oscuri abissi di violenza nascosti nei meandri della mente, pronta a esplodere senza preavviso. Ieri come oggi. Ebbri, barcollanti, sbarellati, sconciamente ridanciani, i personaggi si rotolano nel fiume di sangue e morte alla ricerca della perduta identità. Re Macbeth «povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo» è magnificamente incarnato da Giuseppe Battiston, in un continuo cambio vocale virtuoso ci regala un personaggio sfaccettato: imponente, unticcio e scapigliato, sadico dal cuore tenero, mostro per caso e destino, pateticamente imbrattato di sangue.

Lady Macbeth, in pigiama di seta bianco, svettante su tacchi vertiginosi, convulsa, sguaiata, ubriacona, sterile, madre fallita di mostriciattoli mai nati che partorisce in scena, interpretata da Frèdèrique Lolièe non rende a pieno la complessità del personaggio e risulta a tratti monocorde, penalizzata dal marcato accento francese. Intorno alla raccapricciante coppia ruotano con efficacia recitativa: il vacuo Banquo di Paolo Mazzarelli, l'irresoluto Malcom di Stefano Scandaletti, il livido Seyton di Gennaro Di Colandrea. Straniante e dilaniante, lo spettacolo culmina nel bellissimo e atroce finale, la foresta di Birman assale il re furente e martoriato per la perdita della sua Lady, gli aberranti feti pendono dal cielo nero pece, la profezia si compie. Macbeth brandisce la spada e completa il suo mortale pasto di sangue, accanendosi sui ciondolanti morticini, imbrattandosi corpo e anima. Continua ad affascinare la parabola dell'immenso Shakespeare nella sua «favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla». Da non perdere.

«Macbeth» di William Shakespeare. Traduzione di Nadia Fusini. Adattamento e regia di Andrea De Rosa. In replica fino al 3 marzo
Milano, Piccolo Strehler
http://www.piccoloteatro.org/

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