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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2013 alle ore 08:21.

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Vista dall'elicottero in lento avvicinamento, sembra sbucare dall'immensa foresta come il simbolo massimo del violento inserimento dell'uomo nella natura: pare una colossale acciaieria o un complesso petrolchimico che squarcia il verde e spara in aria un fumo denso e biancastro dalle sue numerose ciminiere. Tutt'intorno, lo spettacolo triste di montagne e montagne di tronchi d'albero in orizzontale, pronti a essere sbriciolati.
È il biglietto da visita di una delle più grandi cartiere del mondo, la Indah Kiat di Perawang, nel cuore di Sumatra: quasi 10mila dipendenti diretti e una capacità annuale di oltre 2,8 milioni di tonnellate di polpa di cellulosa e 2,2 milioni di carta. Fa capo all'Asia Pulp & Paper, terzo produttore mondiale, che fino a tre settimane fa è stato la bestia nera di Greenpeace e di altre organizzazioni ambientaliste, che ne hanno promosso un boicottaggio globale con l'imputazione di distruggere le foreste vergini e assassinare le ultime tigri di Sumatra.
All'inizio di questo mese, la svolta. App ha annunciato quello che fino a poco prima riteneva impossibile almeno ancora per qualche anno: una politica immediata di deforestazione zero, con la sospensione dell'abbattimento di foreste naturali per tutti i fornitori. Tutta la sua carta sarà sostanzialmente prodotta da alberi da piantagione (o dal riciclo), e l'azienda rafforzerà la prevenzione di ogni illegalità. Per entrare nella cartiera, del resto, il check-point somiglia a un passaggio di frontiera d'altri tempi: i camionisti sbuffano nell'attesa che le carte siano "processate", sotto alcuni cartelli che mostrano in fotografia le tipologie di legno proibite (come il ramino). A guardar bene, poi, si nota che le decine di migliaia di tronchi accatastati sono quasi tutti di dimensioni simili. Ormai il concetto di natura è relativo: il centro di ricerca e sviluppo della maxicartiera ha sviluppato cinque nuove "supervarietà" nel 2008 e 2009 e continua a promuovere l'efficienza nella "produzione" di eucalipti e acacie. Così non occorrono più almeno 9 anni per il rinnovo delle piantagioni: dal momento in cui si mette sul terreno la piantina clonata di eucalipto, ne bastano sei per arrivare a tagliare l'albero.
È stata una signora dall'aria molto volitiva – che nel suo cognome ospita la parola "Green" e nel nome richiama un'eroina di... Verdi – a convincere il vertice di App e della holding Sinar Mas della famiglia Wijaya a introdurre dal primo febbraio la «deforestazione zero». Aida Greenbury per anni ha gestito i difficili rapporti con Greenpeace e altre Ong, con un equilibrismo tra le loro pressioni e quelli di azienda, governo e riottose comunità indigene. Da manager responsabile per l'ambiente, ha seguito con attenzione anche il versante italiano delle polemiche contro la sua società. Greenpeace aveva messo nel mirino i gruppi editoriali del nostro Paese, il 65% dei quali avevano ceduto sospendendo i rapporti commerciali: non è bello trovarsi sotto la sede centrale attivisti vestiti da tigri di Sumatra a volantinare alle mamme di passaggio, scongiurandole di non contribuire all'estinzione del felino comprando libri per bambini stampati in Cina con la carta indonesiana.
«Credo che stiamo dimostrando la nostra determinazione nell'affrontare le preoccupazioni emerse tra il pubblico e gli editori italiani con la nostra nuova Forest Protection Policy – afferma la Greenbury –. È una grande pietra miliare per la nostra società, per l'industria cartaria e per le foreste dell'Indonesia. Siamo più che aperti all'opportunità di approfondire un dialogo costruttivo con i principali operatori del settore e altri stakeholders in Italia per discutere questi nostri impegni e per fornire al mercato italiano prodotti di qualità ecosostenibili».
Perché la società ha ceduto? «Questo investimento è cruciale per la sostenibilità a lungo termine della nostra industria», spiega la Greenbury, sottolineando che sul breve periodo ci saranno «costi significativi» connessi a questa nuova policy («ma la vediamo davvero come un opportunity cost a lungo termine»). Da "worst offender" delle foreste, ora ad App viene riconosciuta una leadership benemerita nel percorso verso la sostenibilità ambientale dell'intera industria cartaria. «Non possiamo che complimentarci con App», dice Chiara Campione, responsabile della campagna Foreste di Greenpeace Italia, fiera della vittoria, tanto che non insiste più di tanto sulla promessa di vigilare sull'applicazione pratica della nuova policy (ora l'organizzazione passerà piuttosto a mettere nel mirino April, il principale concorrente di App). Onore all'efficacia della feroce campagna globale di Greenpeace, che aveva indotto un centinaio di grandi clienti a rinunciare a rifornirsi da App.
Ma altri fattori hanno avuto un ruolo. Nuove tecnologie rafforzano il monitoraggio: dall'analisi delle fibre (in grado di scoprire la provenienza illegale della materia prima) alle mappe interattive in tempo reale (come quella di Global Forest Watch 2.0) che consentono a chiunque di verificare il procedere delle deforestazioni. L'eccesso di offerta sui mercati internazionali legata alla crisi economica, poi, coincide con i progressi nell'efficienza delle piantagioni. Inoltre molte legislazioni si stanno irrigidendo.
In particolare, dal mese prossimo entrerà in vigore l'European union timber regulation, che farà entrare nella sfera del diritto penale l'importazione nella Ue di legno tropicale protetto. Ad aprile, poi, la Ue dovrebbe firmare con l'Indonesia (per ratificarlo in autunno) l'accordo sulla protezione delle foreste che riconoscerà gli sforzi compiuti da Jakarta accettando il sistema locale di certificazione di legalità. Tanto che l'ambasciatore Ue Julian Wilson ha scelto la ricorrenza di San Valentino per un curioso intervento pubblico in cui elenca le cinque ragioni dell'amore degli europei per il Paese asiatico, tra cui l'infatuazione per i paesaggi naturali a cui si collega la lotta alla deforestazione. Wilson ha lodato il presidente Yudhoyono per gli sforzi di contrasto ai cambiamenti climatici, culminati nella moratoria biennale sul taglio delle foreste del maggio 2011: il rischio che molti paventano, però, è che questa moratoria non sia rinnovata. Non ci sono solo le lobby più interessate, come quella dell'olio di palma: c'è il difficile equilibrio tra natura ed esigenze di sviluppo economico in un Paese in tumultuosa crescita. Agus Sarsito, coordinatore regionale per le politiche forestali del Ministero, avverte: «Non è possibile solo conservare: dobbiamo crescere e sfamare una popolazione sempre più numerosa». Il fatto che il Paese si stia avviando a nuove elezioni presidenziali promette di rendere serrato il dibattito politico sulla tensione tra conservazione naturale ed economia. Adesso Greenpeace premerà perché gli editori facciano ricorso sempre più, nei loro approvvigionamenti, a carta riciclata. Anche noi consumatori possiamo fare qualcosa, visto che bastano 1.250 fotocopie per consumare un albero di eucalipto. Che ci metterà sei anni per essere sostituito.

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