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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 08:20.

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Sembra ormai chiaro che le messinscene di Alessandro Gassman puntano a una costante contaminazione fra il linguaggio teatrale e quello cinematografico. È un impulso che probabilmente gli deriva in parte dall'essere lui stesso un attore ibrido, sospeso fra i due codici espressivi, e in parte da una scelta di strategia comunicativa: dal fatto cioè che il taglio, il ritmo del film gli pare il mezzo migliore per inquadrare i testi rappresentati in una forte struttura "narrativa", per farli arrivare al pubblico in un modo più diretto e immediato.
Il Riccardo Terzo che ha debuttato al Teatro Verdi di Padova, ad esempio, sposta il testo shakespeariano verso uno stile da grande schermo sotto diversi punti di vista: per l'incalzante linearità con cui viene sviluppata la vicenda, per l'uso delle proiezioni che moltiplicano gli elementi scenografici e le figure umane, mostrando camini accesi, eserciti in marcia, folle di cortigiani plaudenti e gli spettri, vaganti nell'aria, delle vittime del tiranno assassino. Ma soprattutto per l'evidenza con cui viene messa a fuoco proprio l'identità di quest'ultimo.
Il deforme Riccardo diventa qui una sorta di mostro alla Boris Karloff, il personaggio di una pellicola espressionista, di cui – grazie a un sapiente gioco di luci – viene reso, specialmente all'inizio, l'impressionante effetto di un livido "bianco e nero". Anziché gobbo e rattrappito, come da tradizione, l'esagitato emblema dell'avidità di potere si presenta in questo caso con un corpo malato di gigantismo, esageratamente allungato fino a sovrastare tutti quelli che gli stanno intorno di una trentina di centimetri, e si muove con gesti disarticolati, sghembo, claudicante, con un braccio irrigidito. Questa immagine, sproporzionata non solo fisicamente, basta a fornire ulteriori chiavi di lettura? Riccardo è un serial killer, un collezionista di teste mozze, d'accordo (curiosamente, è il secondo Shakespeare in versione horror, dopo il Macbeth di De Rosa), ma questo ci fa capire qualcosa in più su di lui?
Lo spettacolo, col suo andamento da kolossal, piace alla platea, colpita da suggestioni prevalentemente visive, ma non manca di incongruenze: perché quelle musiche, perché quei costumi di incerta collocazione temporale? E in primo luogo, perché rivolgersi a un autore come Vitaliano Trevisan per averne non un'autonoma riscrittura, bensì un mero adattamento, seppure sfrondato e attualizzato?
Dove invece la personalità registica di Gassman si conferma in pieno è nella salda direzione degli attori: lui è bravissimo nel fare di Riccardo una sorta di commediante, di istrione anche ironico e a suo modo accattivante, ma l'eccellente Manrico Gammarota, nel ruolo del boia Tyrrel, non gli è da meno. È efficace la truce regina Margherita affrontata en travesti da Mauro Marino, così come le tre interpreti femminili, Marta Richeldi, Sabrina Knaflitz, Paila Pavese, e tutti gli altri.
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R III - Riccardo Terzo, di William Shakespeare, regia di Alessandro Gassman. In tournée

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