Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 13:20.

My24
Una foto dal film "Il giorno della civetta" - 1967 (Olycom)Una foto dal film "Il giorno della civetta" - 1967 (Olycom)

Un americano a Roma: si può ricordare così Damiano Damiani, scomparso ieri sera all'età di 90 anni in seguito a un'insufficienza respiratoria. Nato a Pasiano di Pordenone il 23 luglio del 1922, Damiani è stato uno dei registi italiani ad aver maggiormente subito l'influenza del cinema statunitense: capace di passare con agilittà da un genere all'altro, ha sempre cercato di ricreare nei suoi lavori il respiro delle grandi narrazioni hollywoodiane.

Dopo aver studiato pittura a Milano, nel 1946 si trasferisce a Roma, dove diventa sceneggiatore a Cinecittà e regista del documentario «La banda d'Affori» (1947).
Il suo esordio al cinema di finzione avverrà soltanto nel 1961 con «Il rossetto», storia di un omicidio ispirato alla cronaca dell'epoca, in cui Pietro Germi interpreta il commissario di turno. Successivamente realizza altre due pellicole che, insieme alla sua opera prima, formano una trilogia dai connotati prettamente psicologici: «Il sicario» (1961) e «L'isola di Arturo» (1962).

Gli anni sessanta sono per Damiani il periodo di maggiore creatività: lo dimostrano «La rimpatriata» (1963), uno dei suoi titoli più significativi con protagonista un memorabile Walter Chiari, e «La noia» (1963) ispirato all'omonimo romanzo di Alberto Moravia.

La maggior parte delle sue pellicole, nonostante l'ottima qualità artistica, non ottiene però il successo commerciale sperato e il regista decide così di dedicarsi a progetti meno ambiziosi. Nel 1966 si cimenta in un nuovo genere con «Quién sabe?», un western arricchito con quel sempre più evidente impegno politico che segnerà i successivi anni della sua carriera.

Il 1968 è l'anno di quello che resterà uno dei suoi lavori più importanti: «Il giorno della civetta», tratto da Sciascia, è un drammatico spaccato della situazione sociale italiana, dove mafia e politica convivono sotto il segno dell'omertà.

Negli anni '70 si dedicherà sempre più al filone del poliziesco, sia come regista (ad esempio per «Perché si uccide un magistrato» del 1976) sia come attore ne «Il delitto Matteotti» di Florestano Vancini. Dopo una curiosa parentesi nell'horror con «Amityville Possession» (1982), trova grande successo televisivo grazie a «La piovra» (1984), prima di dieci mini-serie la cui ultima produzione è datata 2003.

Forte dei buoni esiti del suo lavoro per il piccolo schermo, dirige altri due film da ricordare: «Pizza Connection» (1985), vincitore dell'Orso d'Argento al Festival di Berlino con protagonista il suo attore feticcio Michele Placido, e «L'inchiesta» (1987) con Harvey Keitel nei panni di Ponzio Pilato.

In seguito realizzerà diversi film per la televisione e produzioni cinematografiche minori. Tra queste, suo malgrado, un vero e proprio (s)cult come «Alex l'ariete» (2000), con Alberto Tomba e Michelle Hunziker, considerato una delle vette del trash sul grande schermo.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi