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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2013 alle ore 11:20.

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Milano – Si è conclusa con un magnifico successo del quintetto del trombettista americano Dave Douglas la ventottesima stagione di Aperitivo in Concerto: dodici appuntamenti da ottobre a marzo, tutti al Teatro Manzoni e questa volta tutti di domenica mattina, come il pubblico preferisce. Giova ricordare che Aperitivo è nato come istituzione dedicata alla musica contemporanea europea, e che in quanto tale ha avuto qualche difficoltà ad affermarsi finché non è approdato alla direzione artistica Gianni Gualberto con l'assistenza di Viviana Allocchio.

Giornalista esperto di jazz, Gualberto ha guidato i cartelloni, con opportuna lentezza, verso un jazz aperto in ogni direzione. E quest'anno ha scelto la tematica dell'afrocentrismo che ha caratterizzato la musica nordamericana dagli anni sessanta del Novecento in poi. Lo scopo di Aperitivo, come si legge sulla quarta di copertina di tutti i programmi, è diventato la conoscenza del «futuro della musica jazz, delle musiche etniche e di confine, e del meglio delle Nuove Musiche sulla scena internazionale». Il primo risultato – e il più evidente – è stato il tutto esaurito in ogni episodio delle stagioni concertistiche (a ben guardare le uniche così orientate a Milano) e quindi la costante approvazione degli spettatori che anche questa volta non è mancata.

Fra i concerti di Aperitivo 2012-2013, almeno cinque meritano di essere ricordati a lungo. A cominciare dall'inaugurazione con il quartetto del sassofonista Archie Shepp, un vero inizio in medias res se si ricorda che Shepp fu nel 1969 uno dei protagonisti del Festival Panafricano di Algeri. L'età (75 anni) non consente più al celebre solista il suono ruggente e protestatario del suo periodo migliore, ma l'antico valore si percepisce ancora, convince e commuove. Hanno ben collaborato con lui Tom McClung pianoforte, Wayne Dockery contrabbasso e soprattutto Hamid Drake batteria, oggi il migliore e il più richiesto al mondo, come è chiaro anche da quanto si dice più oltre. Le atmosfere dell'ultimo Miles Davis sono state rievocate – non succede spesso – da un suo ex comprimario, il bassista elettrico Michael Henderson che con il maestro lavorò a lungo e si è presentato in sestetto meritando applausi clamorosi. Nell'ultimo concerto del 2012 ha superato se stessa la divina flautista Nicole Michell, avvicente improvvisatrice e talento straordinario, con il suo Black Earth Ensemble che si avvale di musicisti stupendi quali Tomeka Reid violoncello, Silvia Bolognesi contrabbasso, il maliano Ballaké Sissoko virtuoso di kora, Pasquale Mirra vibrafono, Mankwe Ndosi voce, Jason Palmer tromba, Hamid Drake (eccolo di nuovo) batteria.

Segue, assolutamente obbligatoria, la menzione di Punkt, un quartetto quanto mai originale che si basa su "musica suonata", deliziosamente nordica (la tromba di Arve Henriksen, la chitarra elettrica di Eivind Aarset) e mixata in tempo reale con il laboratorio elettronico di Jan Bang ed Erik Honoré. All'esito avvincente e insolito si è affiancata per l'occasione la percussione di Hamid Drake (sempre lui) che si è inserito alla perfezione nell'insolito contesto e a tratti ne è stato perfino un elemento trainante. Il quintetto di Dave Douglas era atteso per un gran finale e così è stato. Bella musica, arrangiamenti di classe, esplorazioni estreme dello strumento-tromba per cui Douglas, pur senza mai strafare o cadere nel tecnicismo, par che si diverta a porsi dei problemi per chiunque insolubili, ma che lui risolve con facilità irrisoria. Nel suo quintetto si è fatta notare Linda Oh, contrabbassista malaysiana che ci si augura di riascoltare presto.
Nel cartellone c'era anche la voce di Dee Alexander – il cui unico termine di paragone è l'indimenticabile Cathy Berberian – alla testa del suo Evolution Ensemble con Tomeka Reid. Ma finora Milano non ha portato fortuna a questa ugola d'oro. Il programma prevedeva un tributo alla musica di James Brown e il pubblico ha applaudito con calore. Però i pochi che avevano assistito allo stesso tributo un mese prima, durante l'Umbria Jazz Winter di Orvieto, avevano ammirato intepretazioni creative di ben altro spessore.

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