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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2013 alle ore 12:20.

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Da una pasticceria al grande cinema, passando per il concorso di Miss Italia: una carriera unica quella di Lucia Bosè, attrice tra le più amate della seconda metà del secolo scorso.

Nata a Milano il 28 gennaio del 1931, venne presto notata da Luchino Visconti ma il suo primo palcoscenico fu quello di Salsomaggiore Terme, dove vinse il concorso di bellezza nel 1947 in un'edizione in cui arrivò terza Gina Lollobrigida.

Come in un sogno le si spalancano così le porte del cinema: esordisce nel 1950, accanto a Raf Vallone, in «Non c'è pace tra gli ulivi», titolo con il quale Giuseppe De Santis prosegue la strada del neorealismo dopo il successo di «Riso amaro».

Nello stesso anno Michelangelo Antonioni la sceglie come protagonista del suo primo lungometraggio, «Cronaca di un amore», che le farà guadagnare immediatamente i favori della critica. Gli esiti sono così positivi che il regista ferrarese la richiamerà nel 1953 per «La signora senza camelie», in cui interpreta un'attrice che verrà sfruttata più per la sua bellezza che per la sua bravura.

Nel mezzo, lavora in due film di Luciano Emmer («Parigi è sempre Parigi» del 1951 e «Le ragazze di Piazza di Spagna» del 1952), in «È l'amore che mi rovina» (1952) di Mario Soldati e nuovamente con Giuseppe De Santis in «Roma ore 11» (1952).
Dopo aver realizzato altre pellicole degne di nota, come «Gli sbandati» (1955) di Citto Maselli e «Amanti di domani» (1956) di Luis Buñuel, interrompe per qualche anno la sua carriera per dedicarsi alla vita privata. Nel 1954 aveva sposato il celebre torero spagnolo Luis Miguel Dominguín, con il quale avrà tre figli: Miguel (futuro cantante di fama mondiale), Lucía e Paola.

Il matrimonio terminò nel 1967 e Lucia Bosè, oltre a occuparsi dei figli, decise di tornare con continuità al grande schermo: viene presto chiamata da registi del calibro dei fratelli Taviani («Sotto il segno dello scorpione» del 1969), Federico Fellini («Fellini Satyricon» del 1969) e Mauro Bolognini («Metello» del 1970).

Negli anni '70 verrà spesso diretta da donne, tra cui Liliana Cavani («L'ospite» del 1972) e l'amica Jeanne Moreau («Storia di un'amicizia tra donne» del 1976, esordio dell'attrice francese dietro la macchina da presa), prima di iniziare a lavorare per la televisione.

La troviamo sul piccolo schermo sia in produzioni spagnole («La señora García se confiesa» del 1976-77), sia in alcune di casa nostra (veste i panni della Marchesa del Dongo ne «La certosa di Parma» del 1981).

In Spagna, nazione in cui si è trasferita stabilmente, appare ne «L'indiscreto fascino del peccato» (1983) di Pedro Almodóvar (autore che sceglierà il figlio Miguel per «Tacchi a spillo» nel 1991) e ne «El niño de la luna» (1987) di Augustí Villaronga.
Continua però a lavorare anche con registi italiani come Francesco Rosi per «Cronaca di una morte annunciata» (1987), tratto da un romanzo di Gabriel García Márquez, e Ferzan Ozpetek per «Harem Suare» (1999).

A oggi, la sua ultima apparizione sul grande schermo è stata per «I vicerè» (2007) di Roberto Faenza ma ha da poco ultimato le riprese di un nuovo film, «Alfonsina y el mar» di Davide Sordella e Pablo Benedetti, che la vede nuovamente assoluta protagonista.

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