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Questo articolo è stato pubblicato il 15 marzo 2013 alle ore 11:44.

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Aurora Reinhard - Fiori - 2006 - Lycra, plastica, smalto per unghie - 4 x 75 x 25 cm - Vittoria // Collezione privata, Italia - © Aurora Reinhard by SIAE 2013 / Courtesey Aurora Reinhard and Extraspazio, RomaAurora Reinhard - Fiori - 2006 - Lycra, plastica, smalto per unghie - 4 x 75 x 25 cm - Vittoria // Collezione privata, Italia - © Aurora Reinhard by SIAE 2013 / Courtesey Aurora Reinhard and Extraspazio, Roma

Ci sono nel nostro paese, quasi una moda, mostre rassicuranti e dall'estetica "gioiosa", con titoli accattivanti e promesse vane, che ben poco lasciano agli spettatori, specie di questi tempi di crisi, mentre i tentativi di approfondimento e analisi, in grado di interrogare il visitatore, si fanno sempre più radi. Si dice siano le logiche del botteghino a far prevalere la pochezza delle prime, perché il pubblico in fondo le vuole così, quasi trastulli. Appartiene invece in modo assertivo al secondo tipo l'esposizione "The Desire for Freedom, arte in Europa dal 1945", al Palazzo Reale di Milano fino al 2 giugno. Le opere di 94 artisti contemporanei provenienti da 27 paesi europei declinano l'idea di Libertà in Europa dal dopoguerra in avanti, arrivando alla contemporaneità come prima interprete di molti fra i quesiti più ingombranti del quotidiano. Arte dunque come linguaggio universale - da cui è scaturita la protesta della ragione - in grado di infrangere i tabù, scuotere il torpore, accendere i dibattiti.

"L'arte è un tentativo di trasportare in una quantità finita di materia modellata dall'uomo un'immagine della bellezza infinita dell'universo intero. Se il tentativo è riuscito questa porzione di materia non deve nascondere l'universo, ma al contrario rivelarne la realtà a tutto tondo" scriveva Simone Weil, con la convinzione che gli infingimenti abbiano sempre il respiro corto.

Perciò senza scorciatoie, nel solco tracciato dallo storico Reinhart Koselleck, l'esposizione ora a Milano - fra le opere si segnalano di Gerhard Richter, Helga Matura col fidanzato, 1966; le riflessioni sul vuoto interiore dell'ironica Sylvie Fleury, in Insolenza 200; le proiezioni erotiche tra casalinga e seduttrice di Aurora Reinhard, in Fiori, 2006; le derive consumistiche sul superfluo di Andreas Gursky, 99 cent II, 2001; di Mario Merz, Oggetto Cache Toi, 1968; di Damien Hirst, Dead End Jobs, 1993 - come scrive la curatrice Monicka Flacke "evidenzia che cosa abbia significato per l'Europa del secondo dopoguerra il motore della critica e della crisi che ha fatto progredire il mondo moderno, e quale ruolo ha svolto l'arte nella formazione di quella critica e nella soluzione di quella crisi".

Artisti come protagonisti e anticipatori di risposte adeguate ai tempi della storia (Errò, Interno americano, acrilico su stoffa mista, 1968; Richard Hamilton, Lo Stato, olio, smalto e tecnica mista su fotografia, 1993, interprete magnifico della storia come incubo del quotidiano nell'Irlanda del Nord) in grado di superare barriere impossibili come la grande cortina di ferro (Oskar Rabin, Passaporto, olio su tela, 1972; Jane und Louise Wilson, due fotografie dall'installazione Stasi city, 1997), di riflettere sugli orrori delle guerre appena passate (Charles Boltanski, Il Liceo Chases nel 1931, installazione con 18 fotografie, 1987) e di farsi primi interpreti degli ideali illuministici di libertà, giustizia, uguaglianza. "Solo dopo la riunificazione tedesca l'Europa è stata in grado di respirare con entrambi i suoi polmoni" spiegava Papa Wojtyla. E le parole del pontefice, che di quel mondo fu tra i protagonisti principali, trovano eco nella serie "Quattro Colonne" di Ilya Kabakov (vernice e smalto, olio fotografie, carta su masonite, 1983) che del cedimento di quel presunto paradiso che era il socialismo reale, aveva rappresentato la menzogna.

E ancora, artisti vaticini della crisi del capitalismo borghese, che dopo la vittoria sulle utopie del socialismo reale, e ben prima dell'attacco alle Torri Gemelle del settembre 2001 e della crisi finanziaria, hanno incominciato a sollevare domande e risposte adeguate, declinando per le nostre democrazie interrogativi quali la necessità di un consumismo ecocompatibile, dando fiato alle istanze di movimenti come Occupy Wall Street, cogliendo i prodromi della Primavera araba o anticipando risposte come quelle sulla Decrescita felice.

L'esposizione, senza seguire un percorso di tipo cronologico o geografico, fa sì che attraverso 12 sezioni si sviluppi una discussione di tipo circolare sui quesiti principali della società contemporanea, passando attraverso le istanze imprescindibili poste dalla ragione, dalla storia o dalle utopie. Analizzando la natura delle responsabilità della politica e dello Stato, dei sistemi e dei governi, delle organizzazioni sociali, si arriva fino ai quesiti ultimi sul riconoscimento dell'altro e dei limiti delle libertà individuali, in un'ottica che dapprima sociale si fa "ecologica". La riflessione ultima sullo spazio vitale e sui limiti del vivere civile conduce ad una riflessione che chiude il cerchio con il ritorno alla ragione delle premesse illuministiche (circolarità che solo il labirintico Palazzo Reale rende di non semplice lettura).

Si tratta di una mostra che ha il pregio di illuminare la storia europea attraverso i più stringenti quesiti universali e secondo una sintassi artistica che per il limpido disegno d'accostamento delle opere ha l'indiscusso merito di saper parlare e interrogare noi tutti e i giovani in special modo. Così, quando la crisi dell'euro e le sofferenze di molti europei si fanno ripetitive immagini del quotidiano - mentre le inquietanti asserzioni di Alba dorata e non solo tornano a imperversare - una mostra come questa si riassume in una parola, anzi due: necessaria, imperdibile.

La mostra, a cura di Monika Flacke, Henry Meyric Hughes e Ulrike Schmiegelt, è promossa in Italia dal Comune di Milano - Cultura, Moda, Design e prodotta da Palazzo Reale, dal Deutsches Historisches Museum di Berlino e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore. Realizzato su iniziativa del Consiglio d'Europa e con il sostegno finanziario della Commissione Europea (programma «Cultura» 2007-2013), il progetto è frutto della collaborazione internazionale di 36 Paesi membri del Consiglio stesso.

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