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Questo articolo è stato pubblicato il 17 marzo 2013 alle ore 08:25.

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In filosofia si usa ragionare usando l'intuizione come banco di prova delle conclusioni delle argomentazioni. Logica, retorica e intuizione sono i principali strumenti concettuali nel ragionamento filosofico. L'intuizione funziona spesso come una sorta di verifica empirica dell'accettabilità della nostra tesi. Un po' come una specie di test empirico o controllo sperimentale in analogia con ciò che avviene nella scienza naturale. Il presupposto di questo metodo è che l'intuizione sia generalizzabile, cioè che sia, sostanzialmente, condivisibile a livello universale. L'intuizione inoltre dovrebbe avere una validità fondante, una capacità di giustificazione primitiva superiore a ogni altro dato alternativo. Dovrebbe essere superiore, ad esempio, al richiamo ai dati della tradizione culturale e religiosa o al ricorso alle tesi degli autori classici. Oppure dovrebbe resistere alle ipotesi e alle conferme empiriche della conoscenza scientifica e tecnica.
La filosofia sperimentale sembra mettere in dubbio questa pretesa fondativa e universale dell'intuizione. L'intuizione è un fenomeno psicologico legato a quello che viene chiamato il Sistema 1 della mente. Questo sistema di tipo implicito, a differenza del Sistema 2 che è di tipo razionale ed esplicito, è molto dipendente dal contesto. Esso è permeabile alle influenze di variabili emozionali derivanti dal contesto ambientale. Da questo punto di vista sembra difficilmente sostenibile la tesi della universalità dell'intuizione umana. L'ipotesi di fondo che deriva dai dati della scienza cognitiva è invece opposta, cioè quella di una intuizione locale e contingente che varia non solo in rapporto ai contesti culturali, ma anche in rapporto a variabili individuali di tipo psicologico, come i tratti di personalità o le contingenze di tipo emozionale ed affettivo.
La filosofia sperimentale come mette in luce il bel libro di Joshua Alexander ha approfondito a livello empirico la universalità o meno dell'intuizione umana. In primo luogo ha sfatato il mito che ci possa essere un genere di intuizione universale caratteristico del dominio dei filosofi. I filosofi come tutti gli esperti presentano le stesse variabilità e dipendenze dal contesto della gente comune. La filosofia sperimentale utilizza i metodi delle scienze cognitive e sociali per capire la fenomenologia dell'intuizione. Un'importante capitolo è quello sulla filosofia morale. Le norme morali si fondano più sulla ragione o sull'emozione? Esiste una universalità nel giudizio morale o sono la situazione e il contesto culturale e sociale a determinare il giudizio. Oppure, ancora più radicalmente, esiste una valutazione morale stabile nell'individuo o essa cambia a seconda del momento emozionale e pragmatico in cui si trova a decidere? Il situazionismo di Gilbert Harman aveva già dato una risposta negativa nei confronti dei sostenitori di una virtù etica basata sul carattere. I giudizi morali dipendono dalla situazione in cui vengono emessi.
Quindi sono locali e non universali. Collegandosi al sentimentalismo di David Hume studiosi recenti come Shaun Nichols e soprattutto Jesse Prinz hanno rilanciato la tesi di un forte collegamento fra giudizi morali, emozioni e sentimenti. Secondo lo strong emotionism di quest'ultimo le emozioni non sono solo responsabili dei giudizi, ma anche costitutive delle norme morali stesse. Ultimamente gli studi di neuroetica con FMRi sembrano dimostrare esserci due zone diverse del cervello attivate a seconda si tratti di giudizi morali secondo regole deontologiche o di giudizi morali secondo analisi delle conseguenze pratiche. Il primo tipo di giudizio è legato alle aree dell'emozione mentre l'altro a quelle del ragionamento.
Riccardo.viale@esteri.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Joshua Alexander, Esperimental Philosophy, Polity, Cambridge,
pagg. 200, £ 15,99

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