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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2013 alle ore 12:39.

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"Contro il denaro" raccoglie tre brevi e intensi scritti di Anselm Jappe, allievo di Mario Perniola e professore di Estetica all'Accademia di Belle Arti di Frosinone. Purtroppo il titolo non rende giustizia al libro: lungi dall'essere un pamphlet banalmente accusatorio, è un'analisi di straordinaria originalità sulla crisi contemporanea del capitale — quella iniziata nel 2008 e della quale attendiamo, vanamente secondo Jappe, una fine.

Il tema chiave è che stiamo attraversando un'era autenticamente terminale del capitalismo, in quanto il denaro si sta rarefacendo sia dal punto di vista materiale (deflazione) sia da quello del valore (inflazione). Il processo non è reversibile, e a causa della dipendenza ormai assoluta che abbiamo nei confronti di questo mezzo di scambio ("ci siamo consegnati, piedi e mani legate, al denaro"), il blocco degli scambi e della produzione di beni e servizi sarà inevitabile. Per i più ottimisti il crollo del capitalismo porterà a forme di scambio e di economia diretta: ma a giudizio di Jappe si tratta di un'illusione. Senza denaro, senza questo "dio che noi stessi abbiamo creato", ci sarà impossibile accedere a quasi tutto. Come ottenere elettricità? Come ottenere riscaldamento? Come spostarsi? Non c'è "decrescita felice" o "capitalismo verde" che tenga di fronte a una simile involuzione. Non stiamo attraversando una crisi ciclica: stiamo assistendo alla fine di un'epoca.

Ma anche il lavoro in quanto tale si sta dissolvendo sulla scia di questa crisi: è in particolare il secondo saggio del volume a occuparsi di questo problema, riattualizzando con grande chiarezza alcune categorie base del marxismo classico — su tutte, la centralità del valore in luogo del plus-valore. L'esplosione del terziario prima e della società dell'informazione poi ha reso sempre meno produttivo, in termini puramente capitalistici, il lavoro. Coerente ma spiazzante, a tal proposito, l'inversione che Jappe propone della lettura comune degli anticapitalisti (ai suoi occhi semplici "antiliberalisti"): la finanziarizzazione disperata degli ultimi anni non ha rovinato l'economia reale, bensì è la sua ultima mossa per tenere in piedi il sistema. Fare in modo che tutto si regga sul credito è il colpo di coda del capitalismo.

La forza dell'interpretazione di Jappe sta proprio in tale radicalità: indignarsi contro le banche e i finanzieri non servirà a nulla, perché "se le banche sprofondano, se falliscono a catena, se cessano di distribuire denaro, noi tutti rischiamo di sprofondare con loro": un'economia senza questa interfaccia è, al momento, impensabile.

Che fare, dunque? Secondo Jappe, tutte le soluzioni proposte finora (a meno di non voler tentare di nuovo la via del socialismo reale più feroce), non funzioneranno. In fondo alla via del pessimismo, comunque, non c'è necessariamente la catastrofe: la fine naturale del capitalismo sarà sicuramente un momento di enorme tumulto, ma anche una tabula rasa da cui ricominciare. In che modo, nessuno lo sa.

Anselm Jaffe
Contro il denaro
Mimesis 2013
pp. 62, €4,90

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