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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2013 alle ore 11:16.

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Considerato oggi uno dei massimi capolavori di Alfred Hitchcock, «Psycho» (1960) ebbe, in realtà, una gestazione piuttosto travagliata: guardato dai produttori con scetticismo, il film venne autofinanziato dallo stesso regista inglese e diventò il suo più grande successo commerciale.

Ad ispirarlo fu l'omonimo romanzo di Robert Bloch del 1959, a sua volta basato sulle gesta di Ed Gein, noto serial killer conosciuto anche come "il macellaio di Plainfield". Il testo di Bloch fu recensito negativamente dalla critica e l'ipotesi di una sua trasposizione venne rifiutata da tutte le case di produzione hollywoodiane: forse anche questo stimolò la curiosità di Alfred Hitchcock che lo scelse contro il parere di tutti, amici e collaboratori compresi.

Per risparmiare tempo e denaro, Hitchcock si avvalse della troupe della serie televisiva "Alfred Hitchcock presenta", girò in bianco e nero e senza un cast di grandi star: il film costò soltanto 800.000 dollari e ne incassò circa 50 milioni. Anche grazie ai consigli della moglie-collaboratrice Alma Reville (come raccontato nel film «Hitchcock» di Sacha Gervasi), il regista ebbe una straordinaria intuizione: far morire la protagonista - la giovane Marion Crane (Janet Leigh), in fuga con 40.000 dollari sottratti alla società immobiliare per cui lavora - dopo soli trenta minuti, mentre pernotta in un motel gestito da Norman Bates, un uomo introverso che vive con la madre anziana e oppressiva.

L'omicidio rimane ancora oggi una delle sequenze più studiate e citate della storia del cinema: un montaggio impressionistico fatto di violenti tagli visivi, così da seguire il ritmo degli effetti sonori ed eludere la censura dell'epoca, in grado di creare un'indimenticabile sinfonia audiovisiva entrata nella memoria collettiva. La gente in sala urlava, sveniva, vomitava e in molti dichiararono che non si sarebbero fatti mai più una doccia.

Il terribile segreto dietro l'identità dell'omicida verrà scoperto, con grande stupore degli spettatori, da Lila Crane (sorella di Marion, interpretata da Vera Miles) soltanto verso la conclusione.

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