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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2013 alle ore 08:20.
Lo sguardo di Giulio II si rivolgeva anche al passato: chi visita il cosiddetto "Cortile Ottagono" nei Musei Vaticani s'incontra col celebre Apollo del Belvedere, una statua che affascinò Michelangelo, Winckelmann e Goethe, e col popolarissimo e drammatico Laocoonte. Ebbene, anch'essi sono da assegnare a questo papa che li aveva fatti trasferire nell'area palatina vaticana. Eppure un suo biografo ricordava che questo impetuoso artefice di bellezza era personalmente timido e dalla lingua impacciata, tant'è vero che era «mezzo morto di paura» ogni volta che doveva parlare in pubblico. I cronisti del tempo narrano che nella notte della sua morte si scatenò «un terribile vento fora de natura». Era il simbolo di un pontefice «in armatura», come fu poi polemicamente evocato da Erasmo da Rotterdam nel suo dialogo dal titolo inequivocabile Julius de coelis exclusus. Tuttavia, quell'irruenza non fu solo marziale, ma si incanalò anche nella passione per la bellezza che è pur sempre segno e dono divino.
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