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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2013 alle ore 08:22.

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Terminata una Sylphide a Firenze, ne comincerà a breve un'altra a Roma. È una buona notizia: quest'incantevole ballet blanc, nato a Parigi nel 1832 grazie a Filippo Taglioni e alla figlia Maria, subito riallestito a Copenaghen nel 1836 da August Bournonville e qui rappresentato sino a oggi senza soluzione di continuità, possiede la freschezza del romanticismo ai suoi albori. La storia, a suo modo immersa nella Scozia dei romanzi di Walter Scott, narra di un giovane che proprio nel giorno del suo matrimonio s'invaghisce di una creatura esistente solo nelle leggende e nei suoi sogni. Seguendola (nel secondo atto), James, si perde a tal punto da dimenticare sposalizio, moglie, realtà.
L'ingresso in un ganz Andere dall'illusionistico aspetto di bosco popolato da silfidi identiche all'Amata non a caso priva di un nome, corrisponde a una scelta senza ritorno. James non ha scampo quando proverà ad avvicinare, sia pure con un tulle leggero, quell'essere inconsistente che gli porge nidi di uccelli e acqua fresca di ruscello. Lei morirà, le cadranno le ali; lui, inviso a una strega vendicativa, di cui aveva rifiutato i vaticini (primo atto), assisterà sia al mesto funerale della sua musa sia al matrimonio della promessa sposa con il migliore amico-rivale.
L'identità dell'uomo romantico, sofferente per amori impossibili e spesso suicida, refrattario alla vita borghese, e felice o melanconicamente tale, solo nel rifugio della propria arte, è racchiusa in meno di due ore di danza e pantomima. Il successo storico della Sylphide si deve anche alla capacità di tramutare in immagini simboliche una concezione della vita e uno stato mentale maschile. Per il balletto fu invece l'inizio della centralità femminile sulle punte. Un incipit molto difficile da ricostruire oggi.
A dispetto di allestimenti mai complicati, come quello del Teatro Comunale di Firenze, con un necessario camino dove la Silfide scompare e grandi vetrate dove riappare, quel che conta è lo stile, il ricamo quasi frenetico del movimento: entrechats e grandes batteries con le gambe scoperte dai kilt per gli scozzesi, e per le Silfidi equilibri, epaulments, vibranti sissonnes e un dito sotto il mento a inquadrare il volto anche nelle arabesques. A Firenze, pur in assenza di vera magia, si sono distinti i James di Alessandro Riga e Michele Satriano, la Silfide di Gisela Carmona Gálvez e la strega en travesti di Leone Barilli.
A Roma ci saranno altri interpreti principali – come i russi Olesya Novikova e Leonid Sarafanov – e non; il primo atto sarà più nutriente. Ma la musica di Herman Severin Løvenskjold ci riporterà a Firenze perché ancora diretta da David Garforth. A questa bacchetta inglese va il nostro plauso per come sa far scintillare una partitura garbata che tuttavia mai ascolteremmo, come il romantico James, a occhi chiusi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Sylphide, da August Bournonville, MaggioDanza, Teatro Comunale
di Firenze; Balletto dell'Opera
di Roma, Teatro Costanzi, dal 28 maggio al 5 giugno

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