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Questo articolo è stato pubblicato il 21 aprile 2013 alle ore 08:22.

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Sapete perché esistono canzoni per bambini, ma non danze trasmissibili come il gioco della mosca cieca, o il sempiterno "un, due, tre, stella?" La risposta, insospettabile, non nostra ma di Dominique Dupuy, gran maestro di tutto lo scibile sull'arte del movimento, è che il bambino ha bisogno dello sguardo dell'adulto perché gli rimandi l'idea di essere un danzatore. Proprio come nel popolare film Billy Elliot, quando il protagonista si esibisce in un'esplosione di pura energia, e davanti a una severa giuria inglese afferma di sentire il proprio corpo trasformarsi in "elettricità". L'undicenne Billy non danza, ma è entrato in "uno stato di danza": la dimensione (coniata da raffinati educatori francesi) più importante per i bambini.
Dopo la selezione, il corpo di femmine e maschi inghiottiti nelle numerosissime scuole di balletto italiane (come Elliot alla Scuola del Royal Ballet), comincerà a disciplinarsi. Scoprirà di essere un danzatore o una danzatrice già al saggio di fine anno. Potrà sgambettare nel primo atto dello Schiaccianoci, e poco alla volta volare come un elfo o una lucciola nel Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine, dove serve anche un paggetto conteso da Oberon e Titania. Qualche putto s'infilerà pure nella Bella addormentata, ma il repertorio sulle punte, per quanto ispirato alle fiabe, non è fatto per essere interpretato dai bambini. Anche se, e va ricordato, Il lago dei cigni in nuce, nacque nel 1871 come breve balletto agito dai nipotini di Cvajkovskij...
L'attualità è variegata: un plauso va alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo, reduce dai festeggiamenti del bicentenario con un Peter Pan di Anna Razzi, la sua direttrice, caparbia nel mantiene un fil rouge di leggende reinventate anche per i più piccini. Fuori dalle istituzioni blasonate (l'Accademia di ballo della Scala, la Scuola dell' Opera di Roma), dove si offrono modelli culturali più o meno noti, spuntano fiori in un terreno potenzialmente fertile. Fa piacere scoprire nel l'imminente Biennale Danza, diretta da Virgilio Sieni, un percorso per soli bambini intitolato "Vita Nova". A Venezia debutterà la neonata compagnia Butterfly Corner formata da quattro bambine (con un'anteprima alle Vie dei Festival). E vari gruppi, dai dieci ai quindici anni, provenienti da Puglia, Toscana e Veneto, impareranno nuove coreografie dello stesso Sieni e dell'israeliano Itamar Serussi Sahar per poi presentarsi al pubblico al Teatro alle Tese, nelle Sale Apollinee e del Loggione, alla Fenice.
L'idea che da tempo affascina il coreografo toscano è creare un repertorio di danza contemporanea per bambini e da loro trasmissibile ad altri coetanei. Al progetto, intitolato Cerbiatti del nostro futuro come il primo, toccante, spettacolo di Sieni per due dodicenni – ha dato le ali la sua fiorentina Accademia sull'Arte del Gesto, la cui missione non è più mera utopia. Pare infatti che persino in Italia sia ormai diffusa l'idea dell'avvicinamento alla danza in età infantile come percorso di crescita estetica, ed esaltazione di "percezioni privilegiate". Al bambino, – sostiene Franca Zagatti, direttrice del centro Mousikè, a Bologna, e massima esperta del settore -, si offre una pratica esperienziale fisica del movimento, la possibilità di creare dando forma a un'idea e infine di osservare ciò che ha fatto, distanziandosene.
Se è vero che "ognuno vede ciò che sa" (Bruno Munari), un corpo bambino privo di pregiudizi, energico, tumultuoso, può non rassegnarsi a restituire i modelli imperanti della nostra corporeità omologata (talvolta banale, grottesca) per reinventare il mondo intorno e dentro di sé. L'essere già "in uno stato di danza" aiuta, ma la danza è una dimensione latente nel bambino (e nell'adulto); per emergere ha solo bisogno di essere incentivata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Fuga, Baudelaire (primo studio), In ascolto/ Butterfly Corner/Virgilio Sieni, in «Le vie dei festival», Teatro delle Passioni, Modena, 25-26 maggio. Vita Nova/Biennale Danza
dal 28 al 30 giugno

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