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Questo articolo è stato pubblicato il 23 aprile 2013 alle ore 14:48.

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Al centro della scena c'è una grande impalcatura orizzontale, di ferro e legno, con due ponti levatoi, corridoi e passerelle, continuamente manovrata a vista. Funge da castello di Elsinor, gabbia, trappola. Soprattutto fa pensare a una macchina del tempo che, roteando, riporta indietro la memoria di Amleto. Per rievocare, e rivivere, la sua tragedia. Siamo di fronte all'eterno dilemma tra destino e libertà individuale.

Amleto predestinato? Riecco il suo dramma, che è quello dell'uomo, delle sue insicurezze, delle paure, dei rimpianti. Dei suoi dubbi, traversati dall'unica certezza della morte. Amleto è protagonista e vittima della sua stessa storia. Le forze che lo richiamano a essere colui che deve essere ai nostri occhi, producono i personaggi della storia. Una condanna, per il Principe di Danimarca obbligato a ripetere il suo destino da un manipolo di figure - spettri, incubi, identità indefinite, forze oscure - che, a turno, assumeranno le sembianze dei vari personaggi togliendosi, di volta in volta, la maschera da scherma che copre il loro volto. Essi, infatti, sono rappresentati da Roberto Bacci – regista di questa edizione dell'opera scespiriana per l'eccellente compagnia del Teatro Nazionale Rumeno Cluj-Napoca – come schermidori in gonne bianche. Mentre si entra in teatro, li troviamo aggirarsi attorno, dentro e fuori la struttura scenica, impegnati in duelli preparatori, con affondi, stoccate: presagio del duello finale con Laerte che lo vedrà morire ucciso dalla punta avvelenata del fioretto. Amleto entra dalla platea. Sarà presto intrappolato nel meccanismo della reminiscenza e della vendetta, ripetendo parole ascoltate infinite volte, e assillato dalla parola "Ricorda" che quelle figure le ripeteranno in maniera ossessiva per condurlo, ancora una volta, verso la tragedia finale, mossa dalla sete di vendetta verso lo zio Claudio fratricida e usurpatore.

Ma questo Amleto dark non sarà più il tradizionale principe triste e pallido, o enigmatico; oltre che sbruffone e acrobata sarà pervaso da una forte carica adrenalinica, addirittura carnale nel rapporto con Ofelia. E basta un cambio di mantello da una figura all'altra, uno scambio di maschera, una corona posata sul capo, perché lo sdoppiamento dei personaggi acquisti la consistenza di Re, Regine, Ofelie, Orazi, Laerti, Poloni, guardie. Nella riscrittura di Bacci rimangono tracce della storia che si ricompone nel susseguirsi degli eventi dove alcuni personaggi sono cancellati, o solo evocati da degli elementi in scena. Come nel caso dei sacchi di terra rovesciata sul palcoscenico che dissotterreranno dei teschi senza bisogno della presenza dei due becchini. O il combattimento finale, risolto velocemente senza re e regina con le coppe del brindisi in mano e il commento al duello. Elogio in blocco per la compagnia rumena, che mostra una preparazione e completezza attorale tipica nella scuola dell'Est, dove conta molto il lavoro sull' attore. E si vede.

"Amleto. Essere, un altro Amleto", di William Shakespeare, regia Roberto Bacci, con Cristian Grosu, Cãtãlin Codreanu, Eva Criºan/Patricia Brad, Cãtãlin Herlo, Radu Lãrgeanu, Miron Maxim, Irina Wintze; drammaturgia Roberto Bacci e Stefano Geraci, scene e costumi Marcio Medina, musiche Ares Tavolazzi, luci Jenel Moldovan. Teatro Nazionale Rumeno - Cluj-Napoca. Al Teatro Era di Pontedera (Pi). In tournèe europea.

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