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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2013 alle ore 14:54.

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Un certo revisionismo tende vedere la censura fascista come un evento molto più morbido rispetto alla Germania contemporanea. Dopotutto, si argomenta, da noi non ci furono mai roghi di libri. Per correggere questo preconcetto è molto interessante il recente "Mussolini censore" di Guido Bonsaver: una galleria di decisioni arbitrarie, omertà e bassezze. Che mostra anche quanto il Duce fosse enormemente interessato a occuparsi personalmente di sequestri e censure.

Di particolare rilievo è l'approccio trasformista di Arnoldo Mondadori, già al centro della vita editoriale italiana: pronto a difendere la propria azienda e le proprie scelte con continui tira e molla nei confronti del regime: concessioni, piccole proteste, attestati di stima... Fino a scendere nel grottesco: Mondadori riuscì a tenere in vita "Topolino" dal febbraio 1942 sostituendo le storie del personaggio omonimo con "un personaggio d'aspetto antropomorfo il cui nome era stato bizzarramente mutato in Tuffolino".

Ma più dei grandi nomi — Moravia o Brancati — sono le storie meno conosciute a colpire: anche perché mostrano bene quanto fu severa la mano censoria del regime con gli autori meno noti, e quanto connivente fosse quasi tutto il sistema culturale italiano. (Dopo la morte di Gobetti le pochissime eccezioni furono affidate agli intellettuali antifascisti emigrati, come i fratelli Rosselli, o alla dignità di pochissimi singoli, come il drammaturgo napoletano Roberto Bracco).

In generale, dallo studio di Bonsaver appare la grande discrezionalità di Mussolini nel decidere le sorti di un prodotto culturale (libro o spettacolo teatrale che fosse) rispetto alle leggi vigenti. Un esempio fu la pubblicazione di "Sambadù, amore negro": un romanzo ideologicamente neutro — l'uomo di colore di cui si innamora una giovane italiana è dipinto come debole e inferiore — ma la cui copertina irritò così tanto il duce da procedere al sequestro. Avvenuto nel 1934, il fatto dimostra quanto i semi del razzismo fascista fossero già ben piantati. Sarebbero fioriti nel Minculpop e nelle terribili leggi razziali del 1938, con le quali si procedette a una "bonifica" degli ebrei nel sistema editoriale italiano (sia autori che redattori) che affondò nel silenzio quasi generale. E portò alla morte una figura ormai dimenticata quale Angelo fortunato Formiggini, che si suicidò lanciandosi dal campanile del Duomo di Modena come forma di ribellione finale, e purtroppo inutile, all'antisemitismo.

Guido Bonsaver
Mussolini censore
Laterza 2013
pp. 231, €18

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