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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2013 alle ore 08:18.

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In Process and Reality (1929) il filosofo e matematico britannico Whitehead sostiene che tutta la storia della filosofia europea non sia che una serie di note a margine a Platone. Si può essere o meno d'accordo con questa idea, ma difficilmente si può non essere d'accordo con l'idea che i saggi raccolti in questa ricca antologia curata da Bottani e Penco – finalmente ripubblicata: la prima edizione del 1991 era da tempo introvabile – siano una serie di chiose a Frege, Russell e Wittgenstein. Sì, perché è precisamente da qui, da quello che Marconi (nel suo La filosofia del linguaggio, Utet, Torino) chiama «il paradigma dominante», che gli autori i cui saggi sono contenuti in questo testo prendono le mosse per approfondire questioni magari solo abbozzate, per criticarne aspetti centrali o per correggere punti non sufficientemente chiari.
Si tratta di articoli di filosofia del linguaggio di tradizione analitica che hanno dato, negli ultimi decenni del secolo scorso, un contributo fondamentale al dibattito sul significato e, più in generale, all'elaborazione di importanti teorie sul linguaggio. Troviamo i temi classici del significato e del riferimento (nei saggi di Kripke, Putnam e Kaplan), una importante riflessione sul rapporto tra significato e verità (negli articoli di Davidson, Dummett e Brandom), su quello tra significato e teoria logica (Prawitz, Prior, Belnap) e su quello tra significato ed enunciati indiretti. Che cosa vuol dire che si tratta di una serie di note a margine del paradigma dominante? Facciamo un esempio. Per Frege e Russell il riferimento ha regole di funzionamento ben precise, però nel linguaggio naturale talvolta accade che queste non siano rispettate. E infatti, come osserva giustamente Kripke generalizzando una distinzione messa in luce da Donnellan e richiamandosi a una serie di nozioni di matrice griceana, tra il riferimento semantico (quello che la descrizione definita denota) e il riferimento del parlante (ciò a cui il parlante intende riferirsi) può esservi uno scarto. Come considerare l'enunciato «L'uomo che sta bevendo champagne è felice questa sera» se il tizio in questione è astemio e sta bevendo (gioiosamente) acqua brillante? Secondo Frege dovremmo considerarlo privo di valore di verità, mentre per Russell si tratterebbe semplicemente di un enunciato falso.
Introducendo la distinzione tra «usi attributivi» (in cui la descrizione definita occorre in modo essenziale) e «usi referenziali» (in cui la descrizione definita è usata per richiamare l'attenzione su una certa persona, indipendentemente dal fatto che questa soddisfi la descrizione) Donnellan (nel 1966, in Reference and definite descriptions) spiega a quali condizioni è possibile considerare l'enunciato di cui sopra vero. Tutto dipende dall'uso. Kripke riflette lungamente sulle conclusioni alle quali giunge Donnellan e se ne allontana sotto alcuni aspetti, per esempio dichiarandosi favorevole a un trattamento unificato delle descrizioni definite e mettendo in dubbio l'idea che con una descrizione sbagliata si possa dire qualcosa di vero. Ma poi, com'è andata a finire? Si sarà tornati su posizioni à la Russell, ci si sarà richiamati ai diversi usi à la Donnellan o si sarà ripresa l'intuizione kripkiana per la quale quell'enunciato è falso e il fatto che ci si riesca a capire dipende esclusivamente da meccanismi pragmatici che non hanno a che fare con la semantica? Un notevole pregio di questa antologia è la «Postfazione alla nuova edizione» che i curatori hanno appositamente scritto per spiegare come, per le diverse questioni, il dibattito sia poi proseguito (allegando anche una bibliografia essenziale). Niente suspence quindi, Bottani e Penco ci tengono aggiornati su quale piega hanno preso le discussioni sui vari argomenti negli anni successivi. Nel caso del dibattito sulle descrizioni definite e sui diversi usi, i primi anni del XXI secolo hanno presentato due posizioni antagoniste: gli «unificazionisti» e i «teorici dell'ambiguità».
In testa agli unificazionisti c'è Neale, mentre si distingue tra i teorici dell'ambiguità Devitt. Ma non è finita qui: nel 2005 (a cento anni da On Denoting di Russell) Mind ha fatto uscire un numero monografico sulle descrizioni definite a cui sono seguiti molti saggi; poi nel 2011 e nel 2012 sono stati pubblicati una serie di volumi contenenti gli articoli di Kripke e di Donnellan, cui si aggiunge un importante volume dedicato a quest'ultimo curato da Almog e Leonardi. Quanto basta per farsi un'idea di quale seguito ha conosciuto il dibattito su questo argomento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Andrea Bottani, Carlo Penco (a cura di), Significato e teorie del linguaggio,
con saggi di Barwise, Belnap,
Brandom, Davidson, Dummett, Gettier, Hall Partee, Kaplan, Kripke, Prawitz, Prior, Putnam, Franco Angeli,
Milano, pagg. 256, € 33,00

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