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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2013 alle ore 08:22.

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William Turner Walton (Oldham, Lancashire, sabato 29 marzo 1902 - Forio nell'isola d'Ischia, martedì 8 marzo 1983) è probabilmente più conosciuto dai lettori italiani, anche da quelli poco attratti dalla musica di alto obiettivo di quanto essi non conoscano autori britannici più visibili storicamente e di maggiore respiro nel produrre partiture dal vasto orizzonte, come Edward Elgar e Ralph Vaughan Williams. Senza dubbio, Walton è di per sé interessante, e ha composto raffinata musica da camera, ma probabilmente non è per questo che la sua notorietà scavalca quella dei colleghi più anziani e più «britannicamente classici». Il grande melòlogo di William Walton per voce e orchestra, Façade, spiritoso, ironico, amabile, sorridente pur nelle asprezze del testo di Edith Sitwell, noi lo giudichiamo una delizia per pochi eletti…. E, appunto, non è neppure per questo che… eccetera.
Diciamo subito che la sua notorietà è dovuta soprattutto a un ascolto subliminale. A parte i cinefili, a parte i critici cinematografici di professione, molti di noi hanno ascoltato la musica di Walton, anche senza saperlo, guardando i film shakespeariani di sir Laurence Olivier: Amleto, Enrico V, Riccardo III. Eppure, le esperienze ripetute sono nulla rispetto alla coscienza di quelle colonne sonore che acquisiamo leggendo le analisi di Ermanno Comuzio, il «grande vecchio» delle discipline dello spettacolo, il conoscitore capillare di musiche per le immagini cinematografiche e per le scene teatrali. Comuzio ci ha lasciati venerdì 24 agosto 2012, con nostro dolore e rimpianto. Nell'estate del 1996, l'Istituto di Studi Filosofici di Napoli lo invitò a tenere un ciclo di conferenze su Walton e la musica per film presso il circolo «Georges Sadoul» di Ischia. È un peccato non poter dire: «Ebbene sì, io c'ero!». Chiunque abbia conosciuto Comuzio e lo ricorda come uomo limpido, razionale, sobrio, dedito unicamente al suo lavoro d'intelligente ricerca, rimane stupito dinanzi a ciò che troviamo in queste pagine postume, pubblicate con amore a cura di Lina Comuzio: una scatenata ironia, un misto di «métis» astuta e maliziosa, di signorilità e di spregiudicatezza, di capacità di smascherare i trucchi illusionistici di Walton uomo di cinema.
Fra tutte le pagine di questo sovreccitante libro, prediligiamo quelle finalizzate a delineare i rapporti trasversali e incrociati tra William Shakespeare e George Bernard Shaw da un lato, e tra sir Laurence Olivier e Leslie Howard dall'altro. Il richiamo a Howard è una nobile occasione per ricordare un attore quintessenzialmente britannico, sfolgorante d'ironia e di sobrio splendore in Pigmalione, Via col vento, La primula rossa… E resteranno memorabili le pagine di raffronto tra Walton e Michael Nyman nel loro impegno per il cinema, nonché la maniera geniale, nell'analisi, con cui Comuzio decodifica l'invenzione musicale di Walton per il film La battaglia d'Inghilterra. Tentiamo di suggellare l'impressione che ci suscitano queste pagine citando la frase di Yehudi Menuhin, ricordata da Comuzio a conclusione del libro: «La musica che Walton ha scritto racchiude e dona vita». Potremmo tranquillamente sostituire il nome di Ermanno Comuzio a quello del compositore cui ha dedicato la sapiente e sapida arguzia di queste pagine.
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Ermanno Comuzio, William Walton, Torre Bordone, Bergamo, pagg. 128,
€ 15,00

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