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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2013 alle ore 13:13.

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Soderbergh davanti a tutti: in un weekend ricco di titoli particolarmente attesi, svetta «Effetti collaterali», l'ultima opera del regista americano dalla carriera altalenante che, da quando ha annunciato l'ormai imminente ritiro dalle scene, non sbaglia più un colpo.
Presentato allo scorso Festival di Berlino, il film ruota attorno alla vita di una giovane coppia newyorkese: Martin (Channing Tatum), appena uscito dal carcere dopo quattro anni di detenzione, e Emily (Rooney Mara) da tempo afflitta da gravi problemi psichici. Nel tentativo di guarire, la ragazza decide di affidarsi a un nuovo farmaco sperimentale, che le provocherà inquietanti effetti collaterali.

Dopo aver attaccato le grandi compagnie petrolifere nel discreto «Erin Brockovich» (2000), Soderbergh questa volta ha nel mirino le case farmaceutiche e il loro (stra)potere sempre crescente.
Vibrante nel ritmo ed efficace nei contenuti, «Effetti collaterali» è un notevole thriller di stampo hitchcockiano, ricco di colpi di scena, in cui la tensione cresce di minuto in minuto.

Come nel precedente «Magic Mike», Soderbergh ottiene un perfetto equilibrio tra suoni e immagini. Menzione speciale all'ottima performance di Rooney Mara.
Promettente, in questo caso dietro la macchina da presa, è anche Valeria Golino che dimostra buone doti registiche nella sua opera prima, «Miele», prodotta dal compagno Riccardo Scamarcio e con Jasmine Trinca. Protagonista è Irene, una trentenne che assiste malati terminali decisi ad abbreviare la loro agonia. Un giorno a chiedere il suo aiuto è un anziano ingegnere, depresso ma in buona salute, che metterà in crisi le convinzioni della ragazza.

Rispetto alla maggior parte degli esordienti italiani, Golino ha scelto un tema coraggioso e delicato, ad alto rischio di polemiche e strumentalizzazioni. La (neo)regista affronta l'argomento con forte sensibilità, attraverso una confezione formalmente ben curata, che soltanto in rarissime occasioni cade in alcune trappole retoriche. Diverse le sequenze toccanti, crude nel loro agghiacciante realismo, quasi sempre accompagnante da un'azzeccata colonna sonora, ricca di canzoni importanti e mai banali.

Meno originale è «Il cecchino», la trasferta in terra francese di Michele Placido con Daniel Auteuil e Mathieu Kassovitz. Secondo il classico schema del genere poliziesco, il film, ambientato a Parigi, vede fronteggiarsi un rapinatore (Kassovitz) e un commissario di polizia (Auteuil) da tempo sulle sue tracce. I due giocano al gatto col topo fino all'inevitabile resa dei conti.
Pellicola dai toni grigi e crepuscolari, «Il cecchino» è un prodotto convenzionale, privo di difetti evidenti ma poco coinvolgente dal punto di vista emotivo.
Placido, che da regista ha dato il meglio con «Romanzo criminale» (2005), guarda al polar (il filone transalpino in cui si fondono poliziesco e noir) e al cinema di Michael Mann, in particolare a «Heat-La sfida» (1995), ma senza averne la stoffa e la stessa cura per i dettagli.

In conclusione, il titolo di pecora nera della settimana va a «Hansel & Gretel-Cacciatori di streghe», opera quarta del norvegese Tommy Wirkola, noto soprattutto per il suo horror grottesco «Dead Snow» del 2009. Ultimo esempio della recente tendenza hollywoodiana di riproporre in chiave action delle fiabe classiche (tra i precedenti «Cappuccetto rosso sangue» di Catherine Hardwicke e «Biancaneve e il cacciatore» di Rupert Sanders), il film si apre rivisitando la favola dei fratelli Grimm: Hansel e Gretel vengono abbandonati dal padre in un bosco, trovano la casa di marzapane e la strega cattiva che riusciranno a uccidere poiché misteriosamente immuni ai suoi poteri maligni. Una volta cresciuti, i due fratelli sono diventati degli stimati cacciatori di streghe, convocati dal sindaco di una città per liberare le foreste circostanti da una potente congrega di fattucchiere.

Ridondante dal punto di vista narrativo, «Hansel & Gretel-Cacciatori di streghe» non riesce né a divertire né intrattenere ma, al contrario, provoca continui sbadigli. Gli effetti speciali sono poco credibili così come i trucchi delle tante streghe in scena. Nel cast, Jeremy Renner (Hansel) e Gemma Arterton (Gretel) appaiono costantemente spaesati. L'unica a salvarsi è Famke Janssen nei panni della malvagia Muriel.

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