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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2013 alle ore 19:02.

«Comprami, io sono in vendita. E non mi credere irraggiungibile», cantava Viola Valentino nel 1979, destando un certo scandalo per quella che, comunque, rimaneva la scelta privata di una donna. A trent'anni di distanza, abbiamo assistito «all'espansione dei mercati e dei valori di mercato in sfere della vita a cui essi non appartengono», lamenta Michael J. Sandel – professore di Filosofia politica e di Teoria del governo ad Harvard – nel suo ultimo saggio "Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato".
Ecco qualche esempio di quel che oggi si può legalmente comprare, vendere, affittare: un utero da una madre indiana (6.250 dollari), in Nuova Zelanda affittare la fronte o qualsiasi altra parte del corpo per farsi tatuare una pubblicità della Air New Zeland (777 dollari), sparare ad un rinoceronte nero in via di estinzione in Sudafrica (150.000 dollari), immettere una tonnellata di anidride carbonica nell'atmosfera della Ue (13 euro) e – per concludere questo elenco che potrebbe continuare a lungo –, negli USA si può comprare una polizza assicurativa sulla vita di una persona malata o anziana, pagare il premio annuale mentre la persona è in vita per percepirne poi l'indennità di morte, che può ammontare anche a milioni di dollari.
Ma perché preoccuparsi di un modello di società in cui tutto è in vendita? «Perché tale modello sviluppa in maniera esponenziale disuguaglianza e corruzione», osserva il professor Sandel. Di più, accade che valori di mercato scalzino valori di non mercato, perché la ricchezza non dà solo la possibilità di comprare yatch e auto di lusso, ma può comprare anche «l'influenza politica, una buona assistenza sanitaria, una casa in un quartiere sicuro, l'accesso a scuole d'élite». Che ne siamo consapevoli o meno, Michael J. Sandel avverte: «quando decidiamo che certi beni potrebbero essere comprati o venduti, decidiamo, almeno implicitamente, che è appropriato trattarli come merce, come strumenti di profitto e consumo».
Non aver riflettuto e valutato caso per caso, su un piano politico, etico, sociale – prima che su di un piano economico – quando la salute, l'istruzione, la sfera famigliare e altri aspetti importanti della nostra vita possano essere considerati merci, ci ha fatto passare «dall'avere un'economia di mercato all'essere una società di mercato». Secondo Sandel la metamorfosi è così profonda che neppure movimenti di indignazione popolare molto lontani fra loro, come il Tea Party o Occupy Wall Street, hanno centrato il punto, limitandosi a criticare le operazioni di salvataggio della finanza.
In gioco è la democrazia, che «non richiede un'uguaglianza perfetta, ma richiede che i cittadini condividano una vita in comune». Perché solo così «impariamo a negoziare e a tollerare le nostre differenze», preoccupandoci quindi del bene comune. Di quella "res publica" sempre più privata.
Michael J. Sandel
Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato
Feltrinelli, pagg. 237, €22,00
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