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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2013 alle ore 08:28.
Quando si parla di riforme istituzionali, si finisce inevitabilmente per evocare l'idea del "sindaco d'Italia". Idea antica e sempre disattesa. Ha accompagnato la storia degli ultimi vent'anni e oltre, da quando Mario Segni la lanciò per primo agli albori degli anni Novanta del secolo scorso. Sindaco d'Italia… suona bene e allude all'unica riforma (insieme a quella che elegge i presidenti di regione) che forse ha davvero funzionato: la norma con cui gli italiani scelgono il primo cittadino nei comuni grandi e piccoli.
Doppio turno, un ballottaggio in cui entrano i due candidati più votati, un "premio" alla lista del vincitore, poteri considerevoli per frenare la litigiosità dei politici locali. Non male nel Paese in cui non si decide mai nulla. Però nessuno è riuscito a trasferire quelle semplici clausole sul piano nazionale, trasformando il presidente del Consiglio nel "sindaco" di tutti i cittadini. Le gabbie conservatrici hanno tagliato le gambe ai riformatori di ogni colore. Ora ci si riprova. In fondo qualcosa sta cambiando. Molti esponenti della sinistra più radicale (ad esempio, Fausto Bertinotti) oggi accettano il doppio turno. Romano Prodi, che peraltro milita da sempre fra i riformatori, l'ha appena riproposto.
Su Avvenire il suo amico Arturo Parisi ha di recente spezzato una lancia per un itinerario virtuoso: un anno in cui il governo delle "larghe intese" dovrà importare "in toto" il modello francese. Che significa doppio turno di collegio e semi-presidenzialismo. Ed è chiaro cosa rappresenta il semi-presidenzialismo: l'elezione diretta del capo dello Stato, la fine delle congiure bizantine di cui abbiamo appena visto l'esito con i pugnali che hanno fatto fuori Marini e lo stesso Prodi. Forse sarebbe stato meglio pensarci qualche anno fa, quando era già chiaro che l'Italia senza riforme sarebbe marcita. Ma il presidenzialismo era un tabù a sinistra. E il doppio turno era un tabù a destra. Così abbiamo avuto Grillo e tutto il resto. Ma non è mai troppo tardi.
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