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Questo articolo è stato pubblicato il 09 maggio 2013 alle ore 12:50.

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Bob Dylan, maggio 1966, foto di Jan PerssonBob Dylan, maggio 1966, foto di Jan Persson

Da buoni dieci anni è in lizza per il Nobel per la letteratura, riconoscimento che l'Accademia di Stoccolma non ha ancora trovato il coraggio di attribuirgli. Intanto si è consolato con la medaglia della Libertà, consegnatagli direttamente dal presidente Barack Obama, il Pulitzer alla carriera e l'introduzione nell'Accademia delle arti e delle lettere degli Stati Uniti che, per la prima volta nella storia, ha aperto le porte a un'icona della cosiddetta cultura popolare.

Bob Dylan alle alte onorificenze ha ormai fatto abitudine, eppure al mondo c'è ancora chi considera tabù appuntargli una spilla sul petto: succede in Francia, dove la proposta ministeriale di concedere la Legione d'Onore al Menestrello di Duluth ha portato a una sollevazione del presidente della Grande Chancellerie, antica istituzione che attribuisce la medaglia. Motivo: ha un passato di ribelle e ha fatto uso di droghe. La notizia, apparsa ieri su alcuni media francesi, attraverso il web ha rapidamente fatto il giro del mondo creando indignazione in particolare tra i fan transalpini del cantautore americano che, nel 1990, avevano già avuto modo di festeggiare la nomina a cavaliere delle Arti e delle Lettere del loro idolo. All'epoca ministro della Cultura era il popolarissimo Jack Lang. Stavolta su quella stessa poltrona è seduta Aurelie Filippetti.

Nel cinquantennale di «Freewheelin'»
Proprio la Filippetti, come impone il regolamento, ha presentato alla Grande Chancellerie la lista annuale delle personalità che meritano di essere insignite della Legione d'Onore. Tra i papabili, il floksinger statunitense. Motivazione: quest'anno ricorre il cinquantennale di «The Freewheelin' Bob Dylan», l'album che ha dato origine alla leggenda di «Sua Bobbità» grazie a pezzi da Novanta quali «Masters of War», «A Hard Rain's gonna fall» e soprattutto «Blowin' in the Wind». Insomma: quella che si può senza ombra di dubbio definire una pietra miliare della cultura occidentale. Ad aprire il dossier sulla «dignità e moralità» del candidato Robert Zimmerman è stato allora il generale Jean Louis Georgelin che ricopre la carica di gran cancelliere.

Iniziò i Beatles alla cannabis
Come da prassi, nella circostanza specifica si va a guardare il casellario giudiziario del candidato: siamo in Francia, non si scherza, non sia mai che la Legione d'Onore vada a finire sul petto di chi ha precedenti penali! Di solito si tratta di un pura formalità ma il generale Georgelin, sfogliando il dossier Dylan, si è accorto tanto per cominciare dei suoi trascorsi con le droghe. Memorabile l'aneddoto datato 28 agosto 1964: i Beatles sono in tour negli Usa, soggiornano al Delmonico Hotel di New York e si vedono piombare nella suite l'ombroso poeta del Greenwich Village di cui John Lennon si considerava grande fan. Si parlò di sostanze che ti rendono «high» e, mentre i quattro di Liverpool tiravano fuori vecchi ricordi delle «pillole magiche» che prendevano ad Amburgo, Dylan tirò fuori cartine e marijuana iniziando i Fab Four alla cannabis. Troppo per le orecchie del generale cui qualcuno avrebbe pur dovuto spiegare che, in quello stesso gruppo che partecipò al festino, c'era pure un certo Paul McCartney cui la Legione d'Onore è stata assegnata a settembre scorso senza colpo ferire. Ma forse, nel caso di Mister Zimmerman, l'antica fama di «unpatriotic rotten doctor commie rat» (antipatriottico marcio dottorino e topo comunista) ha fatto la differenza.

Tutto ancora da decidere
Un comunicato della Grande Chancellerie prova intanto a gettare acqua sul fuoco delle polemiche: «Il generale Georgelin non decide l'assegnazione della Legione d'onore», missione che spetta ai 17 membri del consiglio dell'Ordine. Quest'ultimo, secondo il comunicato, «non ha ancora discusso la lista presentata dal ministro della Cultura che conteneva il nome di Bob Dylan». Ma forse, prima che la Grande Chancellerie si pronunci su se Mr Zimmerman è degno della Legione d'onore, dovrebbe essere «Sua Bobbità» a esprimersi su se il riconoscimento in questione c'entra qualcosa con la sua storia personale. Che è poi la storia di una generazione che a Parigi, ascoltando le sue canzoni, alzò le barricate contro il mondo dei vecchi e, in tutta la Francia, comprava i dischi del suo epigono Michel Delpech. Per il quale «Dylan è Dylan».

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