Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2013 alle ore 08:38.

My24

Leggo questo recente tomone appena pubblicato da Marsilio, Il crollo. Il Psi nella crisi della prima Repubblica, un assieme di studi e lunghe interviste (a ex dirigenti socialisti) che fanno come da gigantesca istantanea di quel 1992-1994 in cui il Psi andò a picco sotto i colpi della magistratura d'accusa. Oltre mille pagine volute e curate da Gennaro Acquaviva e Luigi Covatta a raccontare una circostanza tra le più singolari della storia politica italiana di questi ultimi vent'anni.

Che nella contesa politico-ideale tra il Pci di Enrico Berlinguer e il Psi di Bettino Craxi, una contesa che tra i Settanta e gli Ottanta ebbe tratti talvolta furibondi, la ragione stesse pressoché interamente dalla parte del Psi, e che con tutto questo il termine "socialisti" in Italia è stato come cancellato. Divenuto impronunciabile. Non dico il fatto che il Psi non esista più, o meglio sia divenuto una forza elettoralmente irrilevante dell'uno per cento. Dico proprio il termine, "socialisti", e non so se indichi un aggettivo o un sostantivo. Il Psi ebbe ragione nel sostenere Ronald Reagan quando puntò i missili contro i missili che i russi avevano puntato contro l'Occidente, e mentre i comunisti organizzavano stucchevoli cortei pacifisti che si tramutavano in un appoggio sfrontato all'Urss. Il Psi ebbe ragione nell'accettare lo scontro frontale contro il Pci a proposito di quei quattro punti contingenza (i 24 dollari di cui ci irridevano gli Usa), la cui abolizione era di palmare necessità ad alleviare il ritmo dell'inflazione. Il Psi ebbe ragione nel dire a voce alta che il denaro messo in moto dal capitalismo maturo era santo e benedetto e che erano santi e benedetti quelli che riuscivano a metterne in moto di più, di certo non immaginando che sarebbero ascesi alla prima linea quelli che riuscivano a rapinarne di più. Il Psi ebbe ragione del dire che a forza di Karl Marx e di Vladimiro Lenin in una società moderna ci facevi le uova strapazzate, e nemmeno quelle. E con tutto questo da noi il termine "socialisti" è divenuto tabù.

In Italia puoi usare il termine "fascisti", talvolta a dirne malissimo, talvolta meno. Puoi usare anche entusiasticamente il termine "comunisti", e abbiamo avuto recenti ministri (Oliviero Diliberto alla Giustizia, peraltro ottimo ministro) e presidenti della Camera (Fausto Bertinotti) che si autoqualificavano tali e a parte i patetici personaggi di serie C che vorrebbero far combutta persino con i comunisti della Corea del Nord. Il termine "socialista" no, quello in un salotto buono non lo devi usare. Giornalisti che facevano la fila innanzi alle porte delle stanze dove sedevano i potenti del Psi, e che adesso fingono di non averli mai conosciuti. Molti di quei dirigenti socialisti che ebbero un ruolo al tempo del Psi craxiano, da Giusy La Ganga a Ugo Intini ad altri, sono stati e restano miei amici. Quando li incontro, hanno l'aria di chi rasenti i muri per non farsi notare troppo. Una volta vidi a distanza Carlo Tognoli, che era stato uno dei migliori sindaci di Milano del secondo dopoguerra, e che si teneva anche lui rasente al muro. Attraversai la strada, gli sorrisi e gli strinsi la mano felice di farlo.

È tempo di restituire l'onore ai socialisti italiani, e tanto più che con quello che abbiamo visto in termini di moralità pubblica nella buona parte della classe politica della Seconda repubblica non c'è raffronto possibile tra i peccati dei socialisti e quelli dei politici successivi. E a parte l'arroganza, in quella i socialisti non ebbero rivali. Né Bettino Craxi né Gianni De Michelis, e tanto per fare i due nomi più tuonanti, erano degli stinchi di santo. Tutto intero il sistema partitico della Prima repubblica si basava sul prelievo delle tangenti, del denaro preteso imperativamente dalle aziende.

E con tutto questo la storia del Psi di quegli anni è una grande storia politica. Senza la quale non comprendi nulla della realtà italiana dell'ultimo Novecento, e specie se paragoni quella storia con le faccenduole odierne dei tweet e dei talk-show in cui si affrontano macchiette delle opposte fazioni. Nel 1992-1994 i magistrati d'accusa avevano le loro ragioni, eccome, e non è vero niente che Bettino Craxi e il Psi avessero "un poker d'assi" da far valere contro di loro. Per un leader politico l'avere incassato tangenti dalle imprese era un reato, e purché fosse stato commesso dopo il 1989 perché il gran denaro incassato dai partiti fino a quell'anno era stato amnistiato con il gran consenso del Pci, che a questo modo si nettava penalmente le mani di tutto "l'oro" che aveva ricevuto da Mosca nei decenni precedenti. I magistrati avevano le loro ragioni, niente affatto tutte le ragioni. Altro che "rovesciare" l'Italia da cima a fondo come fosse un calzino e riscrivere la storia d'Italia in luogo degli storici e dei filosofi della politica. Semmai l'accusa fondamentale da fare al Psi, o meglio a tutta la classe politica del tempo, è l'irresponsabilità con cui decisero di finanziare la spesa pubblica in deficit: un debito pubblico complessivo che raddoppiò nel giro di qualche anno del decennio Ottanta. Nella sua lunga intervista (oltre cinquanta pagine), a un certo punto Claudio Martelli lo riconosce; che qualcuno di loro credette che l'Italia degli ultimi Ottanta fosse giunta a una sorta di Belle Époque in cui la classe politica poteva spendere e spandere senza limiti. E invece eravamo giunti al punto limite, al punto in cui di trippa attorno all'osso non ce n'era più, e mentre tutt'attorno i cani abbaiavano rauchi dalla fame attizzata da promesse che l'Occidente aveva fatto e che non avrebbe potuto mantenere. Da cui la rabbia popolare impersonata politicamente dalla Lega, quella che diede la spallata decisiva alla Prima repubblica. E di certo la spallata decisiva al Psi, che alle elezioni amministrative di Milano a fine 1992 precipitò dal 20 al 2 per cento.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi