Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 08:37.

My24

Roma e Milano insieme, sul filo di Wagner. Proprio negli stessi giorni, alla Scala e al Teatro dell'Opera, vanno in scena due nuove produzioni del compositore Bicentenario: di qui Crepuscolo degli Dei, ultima tappa del Ring di Barenboim (orfano di Barenboim) di là il giovanile Rienzi, opera numero uno nel catalogo, unica ambientata a Roma, anziché tra saghe germaniche. La Capitale non se l'è lasciata scappare. Guadagnandosi anche un primato nell'anno dei genetliaci, perché a oggi in Italia non si era mai data, in tedesco e quasi integrale (1842, benvenuta).
Chi ha vinto? La domanda è un po' brutale, ma si finisce sempre per pensarla, quando si fronteggino due istituzioni importanti. Niente risposta. Preferiamo raccontare alcuni fatti, soprattutto quelli tenuti sotto silenzio.
Il primo, clamoroso, il vuoto sulla prima del Crepuscolo: non «qualche posto vuoto in Scala», ma 30 palchi vuoti sul lato destro, cioè senza nessuno e in quelli «pieni» magari due persone. Anche in platea, tante poltrone libere. Mai successo.
Mancava Daniel Barenboim, certo. Caduto in ottobre, aveva annunciato che non avrebbe potuto seguire le prove e le prime date a Milano. C'era al debutto dello stesso spettacolo, al Festival di Pasqua di Berlino il mese scorso, con la Staatskapelle. Alla Scala si è trovato un sostituto medio, Karl-Heinz Steffens (aveva già diretto qui gli ultimi Don Giovanni, l'anno scorso). Male. La Scala deve sempre puntare in alto. Impegnato altrove, è arrivato in ritardo, facendo saltare all'orchestra le prime tre prove. Alla prima deserta è stato acclamato come un genio, da un Loggione (unico settore affollato) evidentemente molto polemico nei confronti di Barenboim. Osannare un tiepido controllore dell'assieme suonava assai triste.
Barenboim arriverà giovedì, per le ultime tre recite. E poi affronterà tutto il Ring, fino a fine giugno. Solo allora avrà un senso parlare dello spettacolo di Guy Cassiers, che alterna in modo vistoso momenti di pura estasi contemplativa, ieratica, fatta di proiezioni metafisiche, a tratti di prosa, la più prosaica, tradotta in gestualità quotidiana, intenzionalmente al limite del banale. Per ora nella compagnia svettavano le due donne, la Brunilde generosa di Iréne Theorin e la drammatica Waltraute di Waltraud Meier, fantastiche. Ma per l'insieme, e per saggiare chi correggerà l'emissione ballante e stonata di Lance Ryan, Sigfrido, aspettiamo il titolare.
Non sembra filo-scaligero che Barenboim abbia diretto (nel periodo chiesto in malattia alla Scala) un concerto al Festival di Pasqua della Bartoli a Salisburgo. E che nella sua agenda di direttore musicale la Scala non compaia più, almeno fino al giugno 2014 (unica eccezione un'opera di rimski-korsakov e un concerto, in marzo). Nemmeno per le tournée: ci sono la Staatskapelle e la Divan. Non gli scaligeri. Perché?
Un teatro d'opera vive se ha un centro musicale. Questo tutti lo sanno, e questo è il vero problema da mettere al primo punto nelle nuove nomine dei vertici Scala.
Lo ha confermato questa settimana New York, in festa per il ritorno sul podio dopo due anni di malattia di James Levine: in carrozzella, domenica scorsa ha diretto al Met un concerto (Wagner d'apertura, of course, Ouverture del Lohengrin). Per la stagione prossima ha tre opere. Alla Scala chiediamo insieme direttore principale e sovrintendente.
A Roma, seconda recita del Rienzi, pomeridiana domenicale delle zie e dei pisolini, abbiamo trovato un teatro pieno di musicologi importanti e di preti e suore tedeschi. A parte questi dati insoliti, un pubblico vivace ed entusiasta. Il "grand-opéra" si dava tagliato di danze e di qualche cabaletta, ma già così risultava mostruosamente difficile. Il primo Wagner ha la follia dei giovani. Andreas Schager, tenore protagonista, Angela Denoke, fantastica en-travesti, e Manuela Uhl, reggevano con eroismo, coinvolti nello spettacolo monumentale (ma low cost!) di Hugo de Ana. Omaggio al cinema storico, grazie alle luci di Vinicio Cheli.
Di grande impatto le scene di massa guerresche, coi movimenti di Leda Lojodice. Di nuovo l'Opera col nuovo volto: ha suonato con personalità l'Orchestra diretta da Stefan Soltesz, veterano, Kapellmeister ungherese e bene il Coro di Roberto Gabbiani, sempre in scena.
Unico grande dolore, nell'anno di Wagner, la cancellazione di metà Ring di Vick al Massimo di Palermo. Per "sanare" un Teatro diventato un gioiello, lo si uccide.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Rienzi, di Wagner, direttore Stefan Soltesz, regia di Hugo de Ana; Roma, Teatro dell'Opera
Götterdämmerung, di Wagner, direttore Karl-Heinz Steffens, regia di Guy Cassiers; Milano, Teatro alla Scala;
fino al 7 giugno

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi