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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 08:34.

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Dopo il profluvio di parole per la scomparsa di Giulio Andreotti, che necessità c'era di alimentare ulteriormente l'effimera mitizzazione del personaggio? A noi pare che a ciò rischia di contribuire la raccolta dei suoi aforismi Sono postumo di me curata da Massimo Franco. Eppure il giornalista, acuto biografo di Andreotti e intelligente conoscitore della nostra politica, nel lanciare il prodotto di facile consumo è ben consapevole di cosa significhi la riproposizione delle pillole verbali quale specchio del più longevo dei politici italiani: "La tentazione di rivalutarlo attraverso uno strano lifting della nostra memoria che cancella le rughe scavate dal potere e dagli scandali è palpabile".
Franco sa che le battute andeottiane hanno cinicamente sottolineato anche momenti drammatici della Nazione come quando l'allora presidente del Consiglio scherzò su Aldo Moro pigioniero delle brigate rosse: «Feci un fioretto: se lo avessero liberato non avrei più mangiato gelati». O quando, a proposito del l'assassinio di Umberto Ambrosoli, il Divo Giulio non trovò di meglio che dichiarare «se l'è cercata».
Il presidente Napolitano ha dichiarato che il giudizio su Andreotti spetta agli storici. Bene, benissimo. I ricercatori dovranno però scavare a fondo sulla sua azione che ha segnato la storia patria, liberandosi dalle battute e dall'immagine che lo stesso personaggio ha cercato di dare di sé. Ma questi aforismi non contribuiscono alla pulizia storica, anzi sovrappongono, nel bene e nel male, l'apparenza alla realtà.
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Massimo Franco (a cura di), Giulio Andreotti: Sono postumo di me stesso, Mondadori, Milano, pagg. 128, € 10,00

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