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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2013 alle ore 08:27.

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Nell'atmosfera, il 9 maggio scorso l'anidride carbonica (CO2) ha superato le 400 parti per milione (ppm) per la prima volta da quando esistono la nostra specie e i vegetali che da diecimila anni seleziona sperimentalmente per cibarsene. Evviva, hanno scritto William Happer e Harrison Schmitt sul Wall Street Journal. Anzi, emettiamo ancora più CO2 ché il suo aumento, da un lato, non è correlato con quello della temperatura e, dall'altro, giova alle piante. Solo così «sfameremo i nove miliardi di esseri umani attesi entro il 2050». È strano che un fisico e un geologo-astronauta andato sulla Luna pensino che un gas serra non abbia un effetto serra, ma è vero che se la temperatura è giusta e l'acqua e gli altri nutrienti sufficienti come accade nelle serre, la CO2 migliora notevolmente la resa. Per verificare se accade anche in natura, nel 1990 al Brookhaven National Laboratory, George Hendrey inventò un insieme di strumenti per arricchire con anidride carbonica l'aria di campi o foreste e misurarne i risultati, un sistema noto come FACE, dall'acronimo di Free Air CO2 Enrichment. Andò a darci un'occhiata Franco Miglietta, oggi dirigente di ricerca all'Istituto di biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Bello, disse, ma quanto costa? «Una cifra pazzesca», ricorda ora, tale da escludere analoghi esperimenti nel resto del mondo, nel terzo in particolare. Di ritorno a Firenze, lanciò una sfida agli americani.
All'inizio gli diedero del cialtrone, ma la sua vittoria è uno dei quei successi scientifici che lasciano gli stranieri a bocca aperta e indifferenti gli autoctoni, negati per lo sciovinismo. Nel 1995 insieme ad altri cialtroni volonterosi, Miglietta aveva sviluppato un FACE – un distributore automatizzato di gas, completo di sensori, algoritmi per la raccolta e l'analisi dei dati – venti volte più economico e dieci volte più semplice del made in Usa. Dal 1999, i FACE in funzione dall'India all'Australia all'Europa passando per Stati Uniti e Brasile, sono quelli del Cnr. Hanno prodotto una massa di articoli scientifici e parecchia delusione fra gli agronomi e gli economisti che devono prevedere gli effetti dei cambiamenti climatici sulla sicurezza alimentare. Lisa Ainsworth dell'università dell'Illinois scriveva nel 2011 che 450-600 ppm aumentano la resa dei cereali di un 8% al massimo. Bene, ma lontano dal 50-70% in più che servono per sfamare nove miliardi di esseri umani e i loro 50-60 miliardi di animali di allevamento.
Per fortuna, a Luigi Cattivelli del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura e colleghi era appena venuta un'altra idea. Fra le varietà di frumento esistenti per esempio, perché non cercare con il FACE quelle dotate della combinazione genetica che sfrutti al meglio l'inevitabile aumento di CO2 atmosferica? Le Fondazioni bancarie finanziarono la campagna 2012-2013. Nel campo sperimentale di Fiorenzuola d'Adda (Piacenza), l'anno scorso c'erano spighe da Guinness dei primati. O meglio, da mostra all'Expo 2015, per festeggiare vent'anni dopo la vittoria della Fiorentina sulla squadra di Brookhaven. Ma la vera sorpresa è stata che la CO2 ha reso alcune varietà di grano duro più adatte a far pasta. Francia, Germania e Danimarca hanno subito ordinato il nuovo modello Miglietta & Co. Per raffinare i propri modelli di previsione, contavano anche sulle prossime annate di Fiorenzuola, dove la temperatura media è già quella che ci sarà più a nord e a ovest nel prossimo decennio. Peccato che l'esperimento finisca quest'anno insieme ai fondi. Ma quanto costa? abbiamo chiesto a Miglietta. «Ormai ci serve solo la CO2, sui 120-150 mila euro all'anno». Noccioline, direbbero a Brookhaven, e ci sembrava che il titolo del l'Expo, Nutrire il pianeta, fosse una promessa. Forse abbiamo capito male.
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