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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2013 alle ore 08:36.

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L'Italia immaginata da Sironi nell'affresco dell'Aula Magna era stata annientata, mentre l'Italia reale giaceva pestata e prostrata tra le macerie. Poi, nella nuova Italia democratica, che aveva ripudiato i miti della potenza e del primato, il pittore visse come un eremita che imprecava contro «questo porco governo di preti maledetti», deprecava i difetti degli italiani, malediceva la «bestialità umana». Affranto dal suicidio della figlia Rossana, chiuso in una «crisalide di disperazione», senza più «illusione di trionfi», negli ultimi anni Sironi espresse nella pittura, negli scritti e nelle poesie la visione tragica di un'apocalisse senza palingenesi. Morì a Milano il 13 agosto 1961, mentre una prospera Italia repubblicana, assisa tra i miti e simboli del "miracolo economico", festeggiava il centenario della sua unità.
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mercoledì a milano
Questo articolo è una sintesi della lezione «Miti grandiosi e giganteschi rivolgimenti a partire da «L'Italia tra le arti e le scienze»
di Mario Sironi» che Emilio Gentile terrà mercoledì a Milano, alle ore 21, nella Basilica Santa Maria delle Grazie, per il ciclo di lezioni «La Storia nell'Arte» promosso dagli Editori Laterza.

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