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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2013 alle ore 08:41.

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I libri di cucina sono tra i più presenti sui banchi di quei supermercati che sono diventate le grandi librerie, dove a volte, è un uso recente, insieme ai libri si vendono direttamente anche i cibi. Se ci domandiamo il perché di tanta abbondanza, le risposte possono essere due: la crisi è un fenomeno apparente, che non intacca ancora la capacità di acquisto e il primario edonismo di tanti nostri connazionali; la crisi è un fenomeno reale, con una drastica riduzione nelle nostre capacità d'acquisto che però non riguarda il cibo, la meno costosa delle nostre voluttà e in ogni caso la più irrinunciabile. Mi pare invece che si sia ristretto il settore dei libri di viaggio, perché viaggiare costa, e non è – per chi lo fa per turismo e diletto – affatto indispensabile. Tra i libri di cucina cominciano a rifarsi vivi quelli della cucina povera e rapida, che un tempo si chiamavano, cito a memoria, Ricette per chi ha fretta o L'arte di utilizzare gli avanzi (nelle soffitte di Torino nei primi anni Sessanta la sera mettevamo insieme, i locatari, e due o tre volte la settimana, i reciproci avanzi e li chiamavamo "disgusti". A volte mangiabili, a volte no).
Ti mangio con gli occhi di Fernando Scianna, fotografo-narratore per eccellenza, è dedicato al cibo, ma è tutto il contrario di un libro di cucina, è piuttosto un libro di racconti dove le parole prevalgono sulle immagini e le immagini in bianco e nero o a colori sono scelte con immensa cura per evocare, aggiungere e commentare, ma anche, nelle pagine piene o nelle doppie, dilatare la nostra percezione del tema che vi domina, e sono allora ritratti – splendidi tra tutti quelli di bambini e di vecchi, allegri o tristi e d'altri tempi o luoghi, alle prese con una "mafalda" o con un pugno di riso – o ambienti, a volte coloratissimi e quasi kitsch, dove un cibo è un'allusione o una invadenza; e delle foto in bianco e nero restano a lungo nella mente soprattutto quelle di alcune nostre vittime, «i pesci dal volto umano».
Un'eleganza che si direbbe innata e un fiuto per l'immagine più pregnante, l'unica giusta per dire una cosa e proprio e solo quella, caratterizzano da sempre l'opera fotografica di Scianna, mentre su quella critica – Scianna è un grande analista della fotografia altrui, ha una cultura "specifica" di rara competenza e acutezza – non si è abbastanza competenti per poter dire la nostra, una volta riconosciuto il nostro debito verso quei suoi scritti che ci sono serviti a capir meglio i grandi fotografi di ieri e di oggi, tra i pochi utili nel dilagare di una critica della fotografia che va somigliando alla critica della pittura la più compromessa e modaiola. Ma la rivelazione (relativa) di questo libro è proprio quella dello Scianna narratore, uno scrittore che non ha nulla da invidiare ai nostri scrittori odierni, che hanno in genere molto poco da dire e lo dicono spesso male e tutti con gli stessi modi.
Si tratta di racconti, proprio di racconti, brevi o brevissimi ma pieni di cose-luoghi, fatti, figure ma anche, si potrebbe dire dato l'argomento, di colori, odori e sapori... E si tratta di racconti che, al contrario di quel che ci poteva aspettare per la scelta di un unico tema, sono molto diversi tra loro, uniti dal punto di vista personale: un "io" molto presente ma non invadente, che è attento a contestualizzare e a contestualizzarsi, nel tempo e nello spazio e nei riferimenti temporali e, diciamo pure, morali. Perché questi testi si servono delle parole e delle immagini, valorizzando soprattutto le prime, per una volta, però anche giudicano. Guardano al passato, e in particolare al passato siciliano dell'autore, con la giusta nostalgia – perché erano tempi di maggior verità nel rapporto tra gli uomini e tra gli uomini e il loro habitat – ma con poca idealizzazione; guardano al presente sconcertati e un po' risentiti, e per questo prediligono il passato o quell'altrove che gli somiglia e che lo continua. Forse il più bello e significativo ed esemplare di questi racconti è proprio quello che si intitola, semplicemente, Pane.
Ma quello che mi ha commosso di più è lo scherzetto Tre mazzi (scherzo o meglio "mimo", nel senso dei Mimi siciliani di Francesco Lanza, mentre altrove si avverte un lontano magistero pirandelliano più che quello di Sciascia, che pure di Scianna fu amico).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ferdinando Scianna, Ti mangio con
gli occhi, Contrasto, Roma, pagg. 234,
€ 22,00

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