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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 09:05.

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Deludono Peter Brook e Rafael Spregelburd al Napoli Teatro Festival - Foto

Deludente. E irritante. Lo spettacolo, in prima mondiale, annunciato come evento del Napoli Teatro Festival Italia e firmato da un mito della scena contemporanea quale è Peter Brook, ha creato imbarazzo nel pubblico e nella critica, considerando anche che è frutto della residenza artistica di un mese del regista e del suo staff nella città partenopea. E non è il primo di altri risultati inconsistenti di Brook (vedi "Warum warum", solo per citarne uno), tali da metterne in dubbio la sua mano, se non, forse, nell'apporre la sua firma e affidando a qualcuno dei fedeli collaboratori l'impegno creativo.

L'esito finale de "Lo spopolatore", breve testo del 1966 di Samuel Beckett, non è altro che una mise en espace, con copione in mano recitato in francese con traduzione sottotitolata, affidata all'attrice Miriam Goldschmidt, compagna di lavoro dell'ottantottenne maestro dal ‘70. Altro che "magia del teatro" in nome di un lavoro di sottrazione e di una ricerca, cara a Brook, di semplicità ed essenzialità.

Qui ci si annoia come non mai, e si fa fatica a rintracciarvi la dimensione esistenziale ed evocativa del linguaggio di Beckett, quella sorta d'inferno dantesco che vorrebbe rappresentare. Si fatica a seguire il racconto di un'umanità di duecento esseri che vivono in un cilindro di cinquanta metri di circonferenza e sedici di altezza, prigionieri di un sistema di regole opprimenti, e in cerca di una via d'uscita. Niente che evochi tutto ciò, niente che arrivi a emozionare. L'immaginazione è messa a dura prova. Non bastano tre lunghe scale addossate alle pareti del nudo palcoscenico, da una delle quali l'attrice stacca un piolo, che terrà poi in mano, simboleggiando l'impossibilità di arrampicarsi per fuggire. L'attrice brancica da un punto all'altro della scena assumendo due, tre incattivite espressioni sempre uguali, e muovendosi attorno ad uno sgabello centrale. "Se mostri troppo, non vedi niente", scrive Brook nelle note di sala. Qui, se mostri niente non puoi vedere che niente.

Un'altra delusione arriva da Rafael Spregelburd che firma la regia di "Spam", per l'attore Lorenzo Gleijeses. Il testo, come altri dell'autore argentino, è intrigante e si presterebbe maggiormente a una messinscena corale pur trattando di un unico personaggio: un uomo di nome Mario Monti, che ha perso la memoria e cerca disperatamente di ricostruire la sua identità. A causa della sua omonimia si troverà al centro di un intrigo internazionale a Malta, che inizia da tracce lasciate sul suo pc. In 32 scene dettate casualmente (?) da un sorteggio di palline, tra proiezioni su due tende scorrevoli, bambole cinesi contraffatte, l'onnipresente internet, immagini del Caravaggio, della Costa Smeralda, e di icone pop e trash, Gleijeses tenta di dare corpo e dinamicità ad un testo labirintico e impegnativo per oltre due estenuanti ore accompagnato dalle sonorità del musicista-dj Alessandro Olla. La prova monologante però è troppo ardua per il giovane attore, che sfora i tempi e si ripete.

www.napoliteatrofestival.it

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