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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2013 alle ore 18:15.

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Il tenore Massimo Giordano e l'Ensemble del Maggio primi nelle vendite in Germania

Alla ricerca del tenore perduto, capita di incamminarsi per strade disagiate. Massimo Giordano, dopo anni di stimata carriera sui palcoscenici italiani, ha conosciuto vera gloria all'estero. Ora canta da protagonista nei principali teatri del mondo. In Germania è una star e il suo album di debutto, «Amore e tormento», se ne sta fisso da un mese nelle zone alte della classifica vendite. Insieme all'Ensemble del Maggio Musicale Fiorentino guidato da Carlo Goldstein.

Che un tenore italiano con l'orchestra di un prestigioso teatro italiano qui moribondo primeggino in casa Merkel, nella totale indifferenza dei media nostrani, la dice lunga sullo stato dell'arte nel nostro Paese. Classico album di consacrazione tenorile, uno di quei prodotti che da noi ci rifilano solo per Bocelli, è promosso da un marketing che può anche spiazzare.

Inclusa una nota sulla voce di tenore, vero balsamo per il patrio orgoglio: anche in Germania esistono i cretini! L'album raccoglie arie del repertorio italiano, coi cavalli di battaglia della tenorilità più lirica, da «Tosca» ad «Adriana Lecouvreur». Ma anche cose meno frequentate come il «Simon Boccanegra» (una delle esecuzioni migliori) o la bella romanza da «Le villi». Oltre a una desueta «Marcella» di Umberto Giordano, finita in un video promozionale molto glamour e romantico. La voce è una delle più belle da lungo tempo ascoltate, pura voce italiana, smaltata ma umbratile, capace di abbandoni languorosi che uniti al pathos che vi infonde l'artista sono le qualità migliori. A cui risponde il suono setoso dell'Ensemble, anche se Goldstein tende a volte a dilatare troppo i tempi (comprensibile date le caratteristiche vocali dell'interprete, ma senza esagerare). Il fraseggio raffinato in arie come «Il lamento di Federico» ricorda addirittura Ferruccio Tagliavini, scusate se è poco. Giordano però, una carriera iniziata da lirico leggero per spingersi poi a un repertorio puramente lirico e qualcosa di più, pare al momento alla ricerca di una propria compiuta identità vocale. Lo avverti nell'accuratezza di certe sonorità, ma anche in repentine sbandate, forse per scelte non sempre felici che penalizzano le sue migliori caratteristiche. Così l'augurio è che la ricerca continui, dritto alla meta, senza ascoltare sirene di marketing o altro. Perché lo vogliamo sentire intonare un «Vincerò» solo in un futuro molto remoto e ben ponderato.

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