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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2013 alle ore 08:38.

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«Ringraziamo il pubblico per averci seguito sino a oggi: questo potrebbe essere, qui, il nostro ultimo spettacolo». L'annuncio funebre di MaggioDanza, sul palcoscenico del Teatro Comunale, prometteva uno spettacolo cinereo e sottotono. Invece, la moritura compagnia, non più diretta da Francesco Ventriglia, ha confezionato una splendida serata, sfoderando energia, bellezza: forse quella rabbia repressa in tanti mesi di lotte intestine. Già dopo I quattro temperamenti di George Balanchine, sulla rapinosa musica di Paul Hindemith (il nastro è registrato: l'orchestra dov'è?), vissuti dagli splendidi Alessandro Riga, Michele Satriano, Gisela Carmona Gálvez e da tutti gli altri, come difficilmente accade di vedere in analoghe compagnie da ex-ente lirico, una voce dalla platea si leva alta e chiara: «Non andate via, vi vogliamo qui a Firenze!». Poi arriva la generosa Sylvie Guillem, accorsa in aiuto del gruppo, e al termine dell'elettrizzante Steptext di William Forsythe quindici minuti d'applausi la investono ancora assieme a Riga, Satriano e a Massimo Margaria in un'esaltante standing ovation.
Certo per lei, capace di trasmigrare con naturalezza dal classico al contemporaneo – e qui siamo in un post-Balanchine sbriciolato e reso anche gestuale sulla più celebre Ciaccona di Bach – il tempo sembra essersi fermato alle venti primavere mentre sono più del doppio. Tutto – incluse le punte, le calzamaglie attillatissime –, le è ancora consentito. Invece, la memoria della danza di Forsythe, macina e rimacina nel dna di MaggioDanza, prima compagnia ad averlo interpretato in un teatro d'opera, così come per prima incontrò Tudor, Cunningham, Limón, Bill T.Jones, Armitage qualificandosi come vera avanguardia tersicorea in un tempio musicale.
Uccidere questo corpo vivo che balla benissimo Kylián – le Sechs Tänze – e si infila nelle tute un po' Alwin Nikolais di Les Noces del greco Andonis Foniadakis come in una seconda pelle (questi i titoli della seconda parte della serata), è "reato". Salvarla è un dovere culturale cui dovrebbe mettere mano il ministero. Questa compagnia, infatti, non è paragonabile alle languenti creature tersicoree annesse ad altre Fondazioni liriche: dal 1967 produce come in analoghi gruppi internazionali cui non basta più la pur doverosa conservazione del repertorio ottocentesco, e non è adibita al solo servizio delle opere.
Ma forse questo è il vero peccato originale: il balletto nei teatri d'opera è nato storicamente al servizio del melodramma; le Fondazioni si chiamano "lirico-sinfoniche" e mai nessuna vi ha aggiunto le parole "e di danza". Nello statuto delle stesse quest'ultima può esistere (o non esistere) anche in forma autonoma, cioè autofinanziandosi. Prospettiva cui si potrebbe approdare per MaggioDanza visto che miete premi e successi anche all'estero, ma dalla quale pare impossibile partire. A meno che... anche il balletto non escogiti scambi produttivi, accorpamenti e si munisca di un progetto nazionale, al momento assente.
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Grandi coreografi al Maggio, MaggioDanza, Teatro Comunale; Teatro Sociale, Como, 2 luglio;
Palazzo Pitti, Cortile degli Ammannati, dal 9 al 27 luglio

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