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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2013 alle ore 11:24.

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James Gandolfini (Ap)James Gandolfini (Ap)

E pensare che era diventato attore «per sbaglio». James Gandolfini, passaporto statunitense e origini italiani, non era nato per la tv e il cinema. Ma l'una e l'altro, evidentemente, lo avevano scelto: dal successo mondiale con i Soprano, nei panni del boss Tony, a una carriera poliedrica tra piccolo e grande schermo. Si è spento a 51 anni, a Roma, mentre era in vacanza nella sua Italia con il figlio tredicenne Michael. Nel weekend avrebbe dovuto partecipare al Festival del Cinema di Taormina, in un evento con Gabriele Muccino.

Timido, corpulento, allergico ai riflettori, Gandolfini aveva sfondato a Hollywood con un profilo ben diverso dalle superstar d'ordinanza. A cominciare dal personaggio interpretato dal 1999 al 2007, Tony Soprano. Un gangster contradditorio, lontano dagli stereotipi: spietato nelle esecuzioni e affettuoso in famiglia, innamorato della moglie (interpreta da Edie Falco) e a caccia perenne di scappatelle, glaciale in superfice e fragile nella vita privata. La parte era andata a lui per la somiglianza «storica» con il personaggio: anche Gandolfini, come il boss della finzione, era cresciuto nel New Jersey, in una famiglia di condizioni modeste. Gli 81 episodi sul set gli sono valsi un Golden Globe e tre Grammy Awards come migliore protagonista di una serie drammatica. A cui si aggiungono i premi per la «famiglia» in blocco, considerata tra le migliori fiction della storia della tv americana.

In lutto amici e colleghi, che lo ritraggono come disponibile, affettuoso e acuto. Oltreché, naturalmente, uno strepitoso performer. David Chase, il creatore di «The Sopranos», lo definisce «un genio», Susan Sarandon lo ricorda come «uno dei più dolci, divertenti e generosi attori con cui ho lavorato». E Mia Farrow sottolinea la statura cinematografica: «Un grande attore, proprio grande». Il Festival di Taormina gli dedicherà un omaggio. Mario Sesti e Tiziana Rocca, direttore generale e general manager, celebrano il suo valore. Sul set e fuori: «È stato l'attore americano che meglio di chiunque altro ha saputo interpretare la società italo-americana con la sua personalità ricca di contrasti, ambizioni, dolore, humour».

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