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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2013 alle ore 08:46.

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L'amorosa liaison tra l'Aterballetto e il Piccolo Teatro continuerà sino al 2017: è una buona notizia. Significa che la compagnia emiliana, guidata da Cristina Bozzolini, rimasta a Milano per tre settimane e con quattro diverse proposte, tiene un progetto – oltre 700 spettatori a sera – paragonabile alle sue numerose tournée all'estero. In Germania, dove il gruppo è quasi di casa, il numero di fans e recite esonda. Ma non disperiamo: molti milanesi soddisfatti, a esempio, della strana eppure non stridente accoppiata tra William Forsythe e Mauro Bigonzetti si sono rammaricati di aver assistito solo a quest'ultimo appuntamento dell'intera vetrina... Nate negli anni Novanta, e poi rimaneggiate, le "cartoline rossiniane" di Bigonzetti alternano serietà ad ironia. Il pezzo, tutto su musiche del Pesarese, comincia e termina con l'intera compagnia – diciotto elementi – schierata in proscenio in giacca e pantaloni, un po' alla maniera dell'israeliano Ohad Naharin e dei suoi seriali Minus. Uno dei ballerini resta in mutande e nella stessa succinta mise lo ritroveremo al termine della galoppata. Tra una ricetta dei maccheroni alla Rossini, letta in proscenio da una danzatrice civettuola, e una tavolata imbandita con i commensali intorno a gesticolare e brindare, s'inanellano passi a due, terzetti ed insiemi. Il primo duetto lascia trapelare, anche grazie alla bravura della ieratica Johanna Hwang, qualche spunto lirico tra figure al limite dell'acrobazia dove la sensualità del "quasi nudo", si perde in un daffare meccanico. Bigonzetti, di cui a Milano si sono offerti pure altri tre pezzi noti – Come un respiro e InCanto su musica di Händel più Canto per Orfeo – è un coreografo in fieri: approdato a una salutare spogliazione di effetti e costumi non rinuncia a ostentare il sopravvento di muscoli e di un virtuosismo estremo, talvolta abbarbicato alla pura superficie, come in talune zone di quelle sue pur brillanti "cartoline" rossiniane. Le personalità dei bravissimi ballerini ne restano sopraffatte e celate.
Altro e più teatrale è il segno di Eugenio Scigliano, autore di un Casanova incorniciato da un specchio settecentesco e con costumi voluttuosi, acconci all'epoca del grande Seduttore. Il pezzo vince nei duetti, nelle rincorse femminili verso le schiere, spesso in costumi militari, dell'altro sesso. Perde negli insiemi all'unisono: banali. Comunque, c'è candore, sorpresa, sensualità, violenza e soprattutto solitudine, come nell'immagine della donna incinta che attraversa il palco tutta sola e poi svanisce. D'altra parte Casanova è qui un uomo disperato: si guarda allo specchio all'inizio e alla fine del balletto; ricorda il passato con rimpianto. La donna incinta gli somiglia: ha una vita in grembo – paragonabile, forse, alla versatile e ribollente cultura del Veneziano –, ma non sa come e dove farne crescere i frutti.
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Aterballetto al Piccolo Teatro di Milano; in tournée a Marina di Pietrasanta 20 luglio; Roma, Teatro Vascello, 22 luglio e altre date

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