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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2013 alle ore 07:35.

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«Raul Gardini aveva speso un sacco di soldi. Credo pensasse che se fosse riuscito a vincere l'America's Cup sarebbe stato inattaccabile». Bruno Troublé è l'ideatore della Louis Vuitton Cup, dal 1983 il trofeo preliminare di selezione degli sfidanti. Dal 1977 al 1983 skipper delle barche di Marcel Bich – il Barone che costruì un impero di penne a sfera, accendini e rasoi – Troublé è testimone dell'intreccio tra vela e storia degli ultimi trent'anni, che ora racconta in un libro scritto con François Chevalier: Storia della Louis Vuitton Cup (edizione italiana Ippocampo). Bich, Larry Ellison di Oracle, lo stesso Gardini, Alan Bond, il fondatore della Cnn Ted Turner: «Cercano tutti di sopravvivere al proprio tempo». La sfida all'America's Cup rappresenta questo, da quando sull'Isola di Wight, nel 1851, la goletta America umiliò i vecchi colonizzatori.

Nel 1983, quando Australia II sconfisse per la prima volta gli americani, lo shock fu tale che, continua Troublé, «Dennis Conner, lo skipper della disfatta, dichiarò che si sarebbe circondato di professionisti. Fu la fine di un'era». Da allora è stata una corsa ai migliori velisti, alle soluzioni tecnologiche più estreme. Fino agli attuali catamarani, gli AC72 alti 40 metri finiti alla sbarra per un incidente mortale a maggio. «Sono più spettacolari, ma più difficili. E più costosi. In passato per una campagna di Coppa bastavano 5-6 milioni di dollari. Oggi ce ne vogliono almeno 50-60». Quando Troublé nel 1982 telefonò al capo di Louis Vuitton per chiedergli se voleva sponsorizzare la selezione degli sfidanti, i costi di gestione erano a carico dei partecipanti, dilettanti come lui, velista 60 giorni all'anno, avvocato il resto del tempo. Henry Racamier richiamò subito: accettò con un contributo di 250mila dollari. Altri tempi.

Alla Louis Vuitton Cup, che inizia il 4 luglio a San Francisco, sono iscritti tre equipaggi: Luna Rossa, Artemis (Svezia) ed Emirates Team New Zealand. «Se si vuole tornare ad avere più partecipanti – come Germania, Francia, Inghilterra, ma anche Giappone, Cina, Sudafrica – c'è da fare un passo indietro. Più Paesi portano più interesse televisivo. Sono stati creati più eventi tra una Coppa e l'altra, come le World Series, e occorre mantenerli. Ma bisogna essere consapevoli che, in termini di audience, la vela non raggiungerà mai il calcio o la Formula 1». Da noi con una Luna Rossa vincente l'entusiasmo non mancherebbe. «Gli italiani, come i neozelandesi, conoscono il mare, la vela. L'America's Cup in Italia sarebbe meravigliosa».

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