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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2013 alle ore 08:38.

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In alcune pagine su scienza e arte, scritte verso la fine dell'Ottocento e oggi certo non tra le sue più note, Tolstoj argomenta la sua critica radicale verso la "scienza contemporanea". Gli uomini di scienza, afferma Tolstoj, dichiarano trionfanti e fiduciosi: «noi indaghiamo solo fatti» immaginando che queste parole abbiano qualche significato. Ma «è impossibile indagare solo fatti, perché i fatti soggetti alle nostre indagini sono innumerevoli». Occorre dunque fare delle scelte. E nel fare queste scelte, sostiene Tolstoj, sarebbe molto meglio se la scienza fosse guidata dall'utilità, dai bisogni pratici, e soprattutto morali. «Non abbiamo nulla di meglio da fare che contare il numero delle coccinelle che esistono sul nostro pianeta?» si chiede ironicamente Poincaré commentando le parole di Tolstoj in un discorso tenuto all'università di Parigi nel 1906 dal titolo programmatico: La scelta dei fatti. Contrariamente a quanto pensa Tolstoj, gli scienziati «credono che esista una gerarchia dei fatti, e che fra questi sia possibile operare una scelta sensata; hanno ragione, perché in caso contrario non vi sarebbe scienza». Nell'orientare la scelta dobbiamo privilegiare i fatti «che possono servire più di una volta» e hanno «qualche possibilità di ripetersi» e giungere così a formulare una legge «che sarà tanto più preziosa quanto più sarà generale». Ricercare "l'anima del fatto" dirà Poincaré a Roma nella relazione al Congresso Internazionale dei Matematici nel 1908. Che si trattasse di matematica o di fisica, era questo il suo modo preferito per comprendere un problema, sottolinea Jeremy Gray: trovare l'"anima del fatto", e la sua generalizzazione capace di generare nuovi risultati. Entrambi quei discorsi sono pubblicati in Scienza e metodo (1908), un volume che fa seguito a La scienza e l'ipotesi (1902) e Il valore della scienza (1905), e completa la trilogia che all'inizio del secolo scorso rende il nome di Poincaré popolare presso il grande pubblico. Tanto che la sua fama «è stabilita come un assioma» dirà nel 1909 Fréderic Masson, direttore del l'Académie Française, accogliendolo nella ristretta cerchia degli "Immortali".
Dall'analisi di quei saggi "popolari" prende le mosse Gray in questa ampia e dettagliata biografia scientifica, che per la prima volta presenta uno studio esaustivo, arricchito da materiali d'archivio, dell'opera del grande matematico. La varietà dei campi d'indagine – dalla matematica pura alla fisica matematica, alla fisica e la filosofia – suggerisce la trattazione per argomenti opportunamente adottata in questo volume. Se all'inizio del secolo Poincaré non solo è il più grande matematico vivente, ma è un grande savant che, come dice Masson, si è assunto il compito di «iniziare ai misteri dell'alta filosofia scientifica la nazione intera», il suo nome è già salito agli onori delle cronache il 29 gennaio 1889, quando la prima pagina del quotidiano Le Figaro annuncia «un grande successo della scienza francese»: Poincaré ha vinto il premio per la matematica bandito da re Oscar di Svezia con una memoria sul movimento «di un numero qualunque di particelle che si attraggono reciprocamente secondo la legge di Newton». Poincaré era limitato al caso particolare di tre corpi, una rappresentazione schematica del sistema Sole, Terra, Luna. L'infinità di curve che descrivono le soluzioni del sistema di equazioni evolvono in un groviglio inestricabile «che nemmeno tento di disegnare», dirà Poincaré, scoprendo l'esistenza di moti caotici e inaugurando la moderna teoria dei sistemi dinamici. Da una diecina d'anni il giovane matematico si era imposto sulla scena matematica europea con lavori sulle cosiddette funzioni fuchsiane che avevano fatto epoca, rivelando profonde e inaspettate connessioni con la geometria non euclidea, la geometria inventata da Lobacevskij e considerata fino ad allora poco più che uno stravagante esercizio intellettuale. Per Poincaré la geometria non è altro che «lo studio di un gruppo di operazioni formato dagli spostamenti che si possono applicare ad una figura senza deformarla. Nella geometria euclidea questo gruppo si riduce alle rotazioni e alle traslazioni». Le ipotesi che caratterizzano il gruppo dei movimenti euclidei, afferma Poincaré, sono solo delle comode convenzioni e non ha alcun senso interrogarsi sulla verità della geometria euclidea: «sarebbe come chiedersi se il sistema metrico è vero e gli antichi sistemi di misura falsi». A questa filosofia convenzionalista si ispira la sua critica delle concezioni logiciste e formaliste che, a cavallo del secolo, si stanno affermando nelle discussioni sui fondamenti della matematica. Per Poincaré non si tratta di negare l'importanza della logica ma di attribuirle il giusto ruolo accanto all'intuizione: «se è con la logica che si dimostra, dice Poincaré, è con l'intuizione che si inventa». All'intuizione, e in particolare all'intuizione geometrica, spetta dunque un ruolo fondamentale: «tutte le strade che via via imboccavo – confesserà Poincaré – mi conducevano all'analysis situs», come allora si chiamava la topologia, il ramo della moderna geometria che egli stesso aveva contribuito a creare. E di natura topologica era la congettura da lui formulata (l'ipersfera è l'unica superficie tridimensionale chiusa e orientabile analoga, in un senso tecnico preciso, alla superficie della sfera) che solo qualche anno fa è stata dimostrata dal matematico russo Grigorij Perelman. Ma, come illustra questo volume di Gray, l'opera di Poincaré abbraccia non solo la matematica ma i più diversi campi della fisica, tanto da essere candidato per ben tre volte al Premio Nobel. «Senza dubbio Poincaré scoprì molte delle idee che ora formano la nostra immagine mentale della teoria della relatività ristretta e sono associate al nome di Einstein», afferma Gray, prima di sottolineare che «i due hanno dato scarsi segni di riconoscere l'importanza reciproca delle loro idee» né hanno sollevato questioni di priorità. Nel 1912, quando Poincaré muore a soli 58 anni, ha dato alle stampe una trentina di volumi e quasi cinquecento tra note, articoli e lunghe memorie. Una produzione scientifica enorme, che ha trasformato l'immagine della matematica. Due anni dopo la sua morte, l'Europa fu teatro di una guerra in cui molti giovani matematici francesi persero la vita. A guerra finita, in Francia la nuova generazione darà vita al gruppo Bourbaki privilegiando la matematica pura e astratta sviluppata in Germania. E solo dopo un'altra guerra mondiale, e il completamento della parabola bourbakista, i matematici hanno cominciato a riscoprire i tesori che Poincaré aveva rivelato molti decenni prima nelle sue opere.

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