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Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2013 alle ore 15:06.

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Sweet Mambo, soffia ancora il vento dolce di Pina Bausch - Foto

C'era una volta Pina Bausch. E c'è ancora. Viva più che mai nei suoi danzatori storici. Che la rendono presente. Palpabile. Nell'impalpabile vento che soffia costantemente sui bianchi veli che fanno da fondale in "Sweet Mambo". Riconoscibile nei loro gesti fluenti. Nei movimenti flessuosi delle lunghe chiome delle sue dame nei lunghi abiti di seta. Nelle brevi passerelle fin sul proscenio. Nelle pillole d'ironia dette a voce ammiccando al pubblico. E in tutto quel campionario di segni che hanno modulato il suo impareggiabile teatro-danza. Costruito prevalentemente su assoli quasi esclusivamente femminili, "Sweet Mambo", del 2008, penultimo "stücke" della coreografa tedesca prima della sua scomparsa, possiede tutta quella leggerezza che ha caratterizzato gli ultimi anni della sua creatività. Dieci gli interpreti, con gli uomini in minoranza. Solo tre. Le sette donne determinano il climax venato di malinconia, tra fragilità e intraprendenza. A intervalli gridano la loro identità, la affermano, ci chiedono di non dimenticare i loro nomi.

Ci raccontano piccoli aneddoti legati alla loro origine. E intanto, tra il respiro dei velari dietro cui appaiono quali oggetto di desiderio da parte degli uomini, scorre la danza dei corteggiamenti, dei riti di seduzione, delle relazioni burrascose, lussuriose, ma anche degli affronti. Braccate, sospinte, urlanti, nell'impossibile affrancamento dall'uomo del quale subiscono strattonamenti, piccole violenze, quali vittime di una sconfitta perenne. Eppure no. Perché quei lunghi, struggenti monologhi di danza con i quali governano la scena piena di luce, ci dicono sì una solitudine, ma anche una libertà seppur sofferta. E sono lì a dirci la vanità, la grazia, la profondità, gli slanci, i sogni incompiuti, della loro commedia umana.

Nei secchi d'acqua che una di esse si butta addosso; nella parrucca bionda di Cristiana Morganti che ironizza su se stessa, e poi, scendendo in platea, urla di sentirsi vuota; nella corsa di Aida Vainieri nel vano tentativo di fermare un uomo solamente per avere qualcuno con cui parlare; nel corale girotondo da carillon con un lembo delle gonne alzato; nella fanciullesca ruota di Julie Shanahan che elenca le città del mondo dove ha potuto felicemente volteggiare; nelle mascherate in abito da sera avanzando carponi; nei baci sensuali sulla schiena nuda che concedono ai maschi; nei tacchi alti sui quali sono appollaiate; nel tavolo tenuto da due uomini che non cessa di passare e ripassare sul corpo di una donna; nel grido di un nome ripetuto fino a non avere più voce; nella corsa circolare trascinate per i capelli. La musica è un sottofondo morbido di sonorità e canzoni, interrotta a tratti da un temporale mentre il fondale proietta fotogrammi di un film in bianco e nero, "Der Blaufuchs", protagonisti una coppia. E sono rari i passi a due con i partner. Per l'incomunicabilità con l'altro sesso, e perché, come sempre negli spettacoli di Bausch, ci si affanna nell'inesauribile ricerca dell'amore.

Ma dopo i tuoni ecco tornare il sereno accompagnato da un costante frinire in sottofondo e da un'immagine di natura rigogliosa, mentre un enorme telo si gonfia formando una nuvola dove all'interno si può danzare. La bionda Julie Shanahan chiude lo spettacolo con un assolo di una bellezza mozzafiato. Coi capelli sciolti e il corpo slanciato nel suo abito dorato, danza in un lungo fiotto di braccia estese ed evanescenti che accompagnano i movimenti capricciosi delle folate sui drappi, fondendosi letteralmente con quei veli. Come a voler sparire, catturata dal vortice del dolce vento.
"Sweet mambo", regia e coreografia Pina Bausch, scene e video Peter Pabst, costumi Marion Cito, compagnia Tanztheater Wuppertal.

Al Teatro Petruzzelli di Bari in prima nazionale. Dall'11 al 14 luglio al San Carlo di Napoli con "Cafè Muller" e "La sagra della primavera"

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