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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:12.

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Ma quando nel 1663 pubblicò i Principi della filosofia di Descartes, Spinoza non era certo un cartesiano acritico. Anzi, la sua dottrina era in uno stato di elaborazione piuttosto avanzato. Aveva già composto il Trattato sull'emendazione dell'intelletto, il Breve trattato su Dio, l'uomo e il suo bene, e ultimato un primo abbozzo dell'Etica. Possedeva insomma una propria e originale filosofia. Cosa lo spinse dunque a incarnare il ruolo di divulgatore del pensiero cartesiano, fino a correre il rischio di sembrarne un mero seguace, come puntualmente accadde?
È indubbio che con quell'opera Spinoza perseguisse un duplice obiettivo: rendere un pubblico omaggio al filosofo che, più di altri, lo aveva portato ad aderire alla nuova prospettiva inaugurata dalla filosofia e dalla scienza moderna; e nello stesso tempo marcare la propria distanza da Descartes, come veniva infatti sottolineato nella prefazione di Meyer. Ma forse, dietro la sua scelta, si celava anche una strategia ben precisa. Che lo stesso Spinoza svelava in una lettera del luglio 1663 indirizzata al segretario della Royal Society, Henry Oldenburg: «Con questa occasione (la pubblicazione cioè dei Principi di Descartes) si troverà forse qualcuno che nella mia patria occupa posti influenti, il quale vorrà leggere le altre cose che ho scritto e che riconosco per mie, e si interessi affinché siano rese di pubblico dominio senza che io corra alcun pericolo».
Nel giro di pochi anni, però, Spinoza dovette fare i conti con il crescente clima di intolleranza politica e religiosa che in Olanda era stato messo in atto dalle forze reazionarie. E che nel 1665 lo portò ad abbandonare il progetto dell'Etica per lavorare ininterrottamente alla stesura del Trattato teologico-politico. Dopo il clamore e lo scandalo suscitati dal Trattato, uscito anonimo nel 1670, la reputazione di Spinoza come rispettabile "cartesiano" svanì di colpo, sostituita da quella di pericoloso ateo e materialista. Così come svanirono le sue illusioni di rendere di pubblico dominio le "altre cose" che aveva annunciato a Oldenburg. Tra queste altre cose c'era ovviamente anche l'Etica, che fu data alle stampe soltanto nel 1677, lo stesso anno della sua morte, nelle opere postume curate dagli amici. Il nome di Spinoza spiccava sul frontespizio: la morte lo aveva definitivamente liberato da qualsiasi pericolo.
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