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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:14.

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Col trascorrere del tempo, alcuni libri (molti) invecchiano. Altri (pochi) semplicemente diventano antichi. Questo saggio di Fulvio Tessitore appartiene al novero dei pochi. Come tale, benché pubblicato per la prima volta nel 1965, si legge ancora di gusto e con profitto. Specie quando, ripercorrendo il magistero di Humboldt, l'autore ricorda che le «forme minime» dello Stato liberale sono il precipitato giuridico di ideali così e così determinati, sicché chi le adotta quelle forme può coltivare certi valori, non altri; perseguire alcuni, non altri obiettivi. Donde l'auto-sufficienza del liberalismo le cui tecniche giuridiche, appunto perché si svolgono gemelle con precise esigenze della vita etica, ritraggono da se stesse il calore dei convincimenti morali, senza che altri sistemi, quelli religiosi per esempio, debbano provvedere dal l'esterno a rafforzarne la spiritualità.
«Riferirsi all'azione dello Stato – scrive Tessitore – significa immediatamente riferirsi a ciò che è al di sotto delle istituzioni giuridiche, a ciò che le vivifica o le fa morire, la vita (privata e pubblica) dei cittadini». E poi, con concisione quasi epigrammatica: «il problema dello Stato moderno è il problema dell'uomo moderno». Dell'uomo cioè che, almeno nel sentire liberale, ha una sua incoercibile dignità, la quale matura con la perseveranza, il sacrificio, nella fatica quotidiana di migliorarsi da sé, con quella straordinaria energia (come ricorrente questo vocabolo nella prosa di Humboldt!) che viene dalla volontà di non scorarsi mai e di ricominciare sempre daccapo. «Mirare ad uno scopo e raggiungerlo a mezzo di sforzi fisici e morali; in ciò – scriveva Humboldt – consiste la felicità dell'uomo forte ed energico».
Possono fallire questi sforzi? Sbagliamo? Certo che sbagliamo. Ci mancherebbe! Abbiamo sbagliato ieri e, forse, sbagliamo anche oggi. Ma proprio perché abbiamo sbagliato ieri, e forse sbagliamo oggi, chissà… chissà che domani non ci capiti di riuscire. L'importante però è che gli sbagli siano sempre e soltanto i nostri sbagli; gli errori solo e unicamente i nostri errori. Diversamente non ci ravvederemo mai. Mai ci educheremo quando altri decidono per noi del bene e del male, sottraendoci così alle difficoltà della vita ed avvezzandoci ad ottenere tutto dall'alto, da coloro che lassù presiedono graziosamente ai nostri destini. Da qui, da questa visione «adulta» dell'individuo, nasce la polemica humboldtiana contro i poteri onnipervasivi, contro le legislazioni incontinenti e, insomma, contro lo Stato-tutore che sequestra le persone e impedisce loro di maturare come uomini. Altro che sfiaccolate ed anemiche le regole del gioco liberale! Un'ultima avvertenza: questa seconda edizione è arricchita da un carteggio con Norberto Bobbio che piace subito e più piace, poi, a rileggerlo per la cortesia delle forme, per la puntualità della ricostruzione e per l'onestà dei concetti che gli interlocutori hanno consegnato alle loro lettere. Altri tempi, si dirà. Sì, certo: altri tempi. Tempi antichi, appunto.
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Fulvio Tessitore, I fondamenti
della filosofia politica di Humboldt,
seconda edizione, Liguori, Napoli,
pagg. 136, € 17,99

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