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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:20.

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Negli Stati Uniti mette a punto la tecnica dell'oscillation, trasformata da Pollock nel dripping, usando una lattina forata appesa a un filo e riempita di pittura: il dipinto Young Man Intrigued by the Flight of a Non-Euclidean Fly allude proprio a lui, mentre opere come Renish Night o The Eye of Silence hanno lasciato tracce evidenti sul cinema d'animazione americano. Solo al ritorno in Europa, con Dorothea Tanning, e con la fama ritrovata grazie al Gran Premio della Biennale di Venezia del 1954, la sua pittura si fa più armoniosa e pacificata: evoca luminose cosmogonie, rende omaggio a filosofi, poeti, alla Francia che lo accoglie di nuovo, mentre si accresce il suo impegno nella scultura, perché, dice, «la scultura è gioco, molto più della pittura». E lui, come dirà Georges Bataille con un ossimoro fulminante, è «un filosofo che gioca».
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Max Ernst, Basilea, Fondation Beyeler, fino all'8 settembre. Catalogo Hatje Cantz. www.fondationbeyeler.ch

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